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A vent'anni nell'olimpo NBA: da Treviso a Washington per incontrare LeBron James

Il racconto del "Sogno Tipo" di una vita realizzato in sole quattro ore: da Ponzano Veneto al Verizon Center, fino agli spogliatoi dei Cleveland Cavaliers. Il tutto incorniciato da due chiacchiere con la superstar John Wall

WASHINGTON Chissà, magari un giorno potreste vedermi tornare in campo per disputare una partita all’età di 50 anni…vi prego non ridete! Mai dire mai perché i limiti, come le paure, spesso sono soltanto un’illusione” (cit. Michael Jordan)

Washington Wizards VS Cleveland Cavaliers

Se ho deciso di iniziare con la parte più significativa del discorso di Michael Jordan alla cerimonia della Hall of Fame del 2009, c’è un motivo preciso. Vi sto per raccontare una storia accaduta circa una settimana fa, a Washington DC (USA). E probabilmente se qualche giorno prima avessi detto ai miei amici che mi sarei ritrovato a puntare un microfono verso LeBron James, sì ragazzi avete letto bene, avrebbero riso tutti quanti.

Ma partiamo con ordine, alla fine non sapete nemmeno chi sta scrivendo. Sono un ventenne cresciuto fin dalla tenera età con il mito dei Chicago Bulls di Michael Jordan e della Benetton Treviso, ora De’ Longhi Treviso Basket, squadra della mia città. Come tutti coloro che amano la palla a spicchi, sognavo un futuro da giocatore professionista ad alti livelli, ma poi quando ciò non è stato possibile, mi sono concentrato sul lato nerd della pallacanestro. A scanso di equivoci, con “lato nerd” mi riferisco a quando studiavo per la verifica di matematica guardando video celebrativi di Kobe Bryant. Ad ogni modo, ho sempre sognato che questa passione diventasse non necessariamente un lavoro, ma comunque qualcosa di più.  Un paio di mesi fa finalmente la prima opportunità, quella di seguire la sezione di pallacanestro per TrevisoToday. Ero al settimo cielo, finalmente potevo scrivere di quello che amavo per un giornale, cosa potevo desiderare di meglio?

Tuttavia, non avevo fatto i conti con il cosiddetto American Dream. Infatti, il destino ha voluto che, nella settimana in cui mi trovavo a Washington per un progetto universitario, ci fosse in programma al Verizon Center la partita tra i Washington Wizards e i Cleveland Cavaliers campioni in carica, con tanto di premiazione alla Casa Bianca poche ore prima. Quando ho visto l’evento disponibile su TicketMaster, non ci ho pensato un secondo a prendere il biglietto, rassegnato comunque al fatto di doverla guardare da distanza considerevole circondato da bodyguard mostruosi che a momenti ti controllano pure in bagno. È stato in quell’istante che è scattato qualcosa nella mia testa e consapevole del fatto che le probabilità di riuscita fossero remote, tentai di chiedere il pass stampa. Chiaramente le risposte non arrivarono, così decisi di non guardare più la mail e pensare al fatto che in ogni caso avrei avuto l’opportunità di vedere LeBron James dal vivo, poco importa da dove. Ed è proprio qui che viene il bello…

8 novembre 2016 ore 21:10

È il giorno del mio compleanno e sto festeggiando a Milano a casa di un amico, visto che la partenza per l’America con l’università è prevista poche ore dopo dal'aeroporto di Linate. Ad un certo punto il telefono segnala l’arrivo di una mail della Nba che ovviamente apro di scatto, recita le seguenti parole: “Matteo Caoduro from TrevisoToday has been approved credentials for the game on Friday, Nov 11, 2016”. In generale non ho mai fatto affidamento sul destino, perché non mi aveva mai dato testimonianze dirette. Qui però in un colpo solo si è superato, nel giorno del mio ventesimo compleanno ricevere una mail del genere, tutto ciò con una partenza poche ore dopo per Washington? Roba da pazzi veramente, ma se pensate che il clou sia questo beh vi sbagliate.

11 novembre 2016

Siamo finalmente arrivati alla classica giornata che tutti sognano di avere in programma. Ricordo che mi sono svegliato alle 10 circa, avevo bisogno di riposare e smaltire l’entusiasmo dei giorni precedenti. Le ore che separano il mio risveglio dalla partita sono difficili da descrivere, posso solo dire di avere avuto una pressione molto alta e di aver ascoltato più e più volte 'Wings' di Macklemore per provare a calmarmi. L’ora fatidica arriva alle 17:25 quando un taxi viene a prendermi al Warriott Wardam Park Hotel per portarmi al Verizon Center, che da questo momento in poi preferisco chiamare “The Theatre of Dreams”.

Arriviamo davanti la Media Entrance del Teatro dei Sogni per le 18.15 e le dimensioni degli agenti di sicurezza all’ingresso neanche sto a dirvele perché sarebbe superfluo. I controlli sono stati la parte più dura, tra me e me pensavo che vedendo l’età sul passaporto mi avrebbero mandato fuori dicendomi di non essere un giornalista. Eppure la frase che mi sento dire non è tanto “Get out of my way”, bensì “You can go to the Media Room”. Tutto normale dunque, c’è però un piccolo particolare: per accedere alla Media Room bisogna prima passare per la Locker Room, ossia lo spogliatoio dei padroni di casa. Così, in un arco di tempo inferiore ai cinque minuti, mi ritrovo dal taxi allo spogliatoio dei Cleveland Cavaliers, con Kevin Love, Kyrie Irving e Mr Birdman Chris Andersen che correvano nel corridoio per il riscaldamento. Fortunatamente non c’era uno specchio nei paraggi, perché sarebbe stato imbarazzante vedere il mio colorito. 

Mancano pochi minuti all’inizio alla partita, ad un metro c’è LeBron James che si sta riscaldando mentre ascolta musica dalle sue Beats, seduto in prima fila c’è invece Omar Miller, un attore che tra "CSI Miami" e "8 Mile" con Eminem può ritenersi più che soddisfatto...poi ci sono io, un ragazzo ventenne da Ponzano Veneto che nulla ha a che vedere con tutto questo e quindi  era sicuramente una situazione degna di “Scherzi a Parte”. Appena il tempo di salire in cima per filmare la presentazione delle squadre, e scendere, che la partita inizia, con LeBron che prontamente regala una schiacciata staccando quasi dalla lunetta e mandando la folla in visibilio. Durante il match i padroni di casa hanno tenuto testa ai campioni Nba, in particolare grazie alla favolosa partita di John Wall, 28 punti con il 50% dal campo, il dinamismo di Marcin Gortat, 15 rimbalzi di cui 4 offensivi, e ad un’ottima prova di Kelly Oubre Junior, un giovane di cui sentiremo tanto parlare, 5/8 dal campo e 8 rimbalzi in 21 minuti. Alla fine però la netta superiorità del roster di Cleveland è emersa in particolare nelle figure di JR Smith, 17 pt e 4 rimbalzi, e Kyrie Irving, 29 punti e 6 assist; risultato finale 105-94 in favore di Cleveland.  Manca qualcosa? Ah già…sempre quell’uomo che risponde al nome di LeBron James…C’è veramente bisogno di dire come ha giocato in una partita in cui batte il record per essere il giocatore più giovane della storia a raggiungere 27mila punti in carriera? Io credo sia superfluo, basta essere tutti testimoni come dice lui stesso.

Bene, il match è finito, basta così…no, non proprio! C’è tutto il post game da seguire direttamente dagli spogliatoi, e il primo a parlare è coach Tyronn Lue di Cleveland: “Abbiamo disputato una buona partita, soprattutto nel secondo tempo abbiamo difeso molto bene. Non a caso John Wall nella prima metà di gara ha fatto 22 punti e nella seconda solo 6. I ragazzi sono stati bravi, Shumpert ha difeso in maniera eccezionale e Jr Smith è stato incredibile. LeBron James? Cosa posso dire, i ragazzi gli hanno fatto uno scherzo, stasera è diventato il giocatore più giovane del mondo a segnare 27mila punti”.

Dopo la conferenza di Tyronn Lue, accade l’imprevedibile, un giornalista, non ricordo ora di che testata, mi chiede se posso tenere il microfono durante l’intervista a Lebron James. La mia risposta è stata qualcosa del tipo “Oh really man?”. E così mi ritrovo a mezzo metro da LeBron mentre al tempo stesso tengo un microfono verso di lui accanto ai giornalisti di Espn: “I ragazzi mi hanno mentito, mi hanno detto che Coach Lue aveva appena fatto qualcosa di importante e quindi lo avrebbero lavato. Ero sorpreso del tipo: “che è successo? Volete lavare il coach?”, sorride, “e poi…mi hanno rincorso e hanno lavato tutti i miei vestiti”. In quei cinque minuti ricordo di aver visto tutte le mie speranze e miei sogni da bambino passarmi davanti e vederli realizzati tutto ad un tratto.

Prima di andarmene dal palazzetto, però, incrocio John Wall nei corridoi e riesco a fargli una domanda in mezzo alla miriade di giornalisti presenti.

Io: John, dove dovete migliorare per far meglio la prossima partita?

John Wall: Oh man, tante cose. In particolare prendere dei tiri migliori e giocare almeno un po’ di difesa.

Io: Grazie John per la disponibilità.

A quel punto, ho preso le mie cose e sono uscito dal Teatro dei Sogni. Tornando all’hotel mi sono ritrovato in un taxi guidato da un etiope e abbiamo anche parlato di Mussolini ma questa, come direbbe Buffa, è un’altra storia. Quello che so per certo è che nonostante siano passate due settimane ancora fatico a credere a ciò che ho vissuto perché rientra nel campo del metafisico. Ho voluto raccontare questa storia perché così come io non ho mai smesso di credere nel mio sogno e sono riuscito nel mio intento, chiunque può farcela se la passione, che sia per il basket o per altro, è più forte di ogni problema o vicissitudine. Non mi sento per nulla arrivato, ho realizzato un grande sogno è vero, ma ho appena vent’anni e ancora tante avventure da vivere sempre con lo stesso motto…Ball is Life!

I want more” (cit. Noel Gallagher)

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