Un crowdfunding per esplorare i fiumi veneti in zattera: è il progetto di "The Raftmakers"
C'è anche il Veneto tra le tappe del nuovo progetto del documentarista Igor D'India che esplora in zattera i fiumi più suggestivi del pianeta. È inoltre già attiva su Indiegogo la campagna per finanziare la spedizione
RONCADE Laos, Cuba, Belize, Sicilia…e Veneto. Sono queste le tappe di "The Raftmakers", la nuova avventura del documentarista palermitano Igor D’India: esplorare i fiumi del mondo su zattere costruite insieme alla popolazione locale, realizzando un documentario e una serie televisiva in sei episodi. Il progetto è già partito, ma bisogna girare le ultime tappe – compresa quella sul Piave, fiume molto caro alla storia italiana – e procedere alla post produzione. Il percorso, che aveva mosso i suoi primi passi in solitaria, sarà sempre più condiviso. È stata lanciata infatti una campagna crowdfunding sulla piattaforma internazionale Indiegogo: c’è tempo fino al 26 luglio per pre-ordinare il film e contribuire a raggiungere l’obiettivo di 28mila dollari.
Avventura, ecologia, conoscenza di altri popoli e culture: sono questi i fili conduttori di The Raftmakers. Conoscere i fiumi "da dentro", esplorandoli su zattere improvvisate, significa entrare in simbiosi con l'ecosistema e le popolazioni che lo abitano e raccontare le loro storie in prima persona, senza filtri. Vivendo avventure autentiche e imprevedibili, senza troupe, tecnologie e supporto esterno, nello stile dei vecchi pionieri. A partire dal mese di febbraio 2015 Igor D’India ha già attraversato il Mekong, devastato dall'inquinamento nella totale indifferenza della popolazione, e i paradisi naturali dei fiumi Toa e Yumurì in una Cuba che nei prossimi mesi si appresta a cambiare radicalmente. Tra marzo e aprile ha poi iniziato a prendere confidenza col territorio veneto, con un primo sopralluogo sul Sile insieme a Open Canoe Open Mind, associazione con sede a Roncade che organizza corsi di canoa canadese, escursioni, corsi naturalistici e di bird watching e percorsi di educazione ambientale. Oltre a solcare il Sile a bordo di una zattera costruita con camere d’aria di camion e canne di bambù, il documentarista si è anche unito al team, guidato da Cristian Bertolin, che a cadenza regolare si impegna nelle operazioni di pulizia del fiume.
«Ho scoperto i fiumi veneti per caso, durante la preparazione tecnica per imparare ad andare in canoa canadese prima di partire per lo Yukon nel 2014 – dichiara Igor D’India – Mantenendomi in contatto con il mio istruttore Cristian Bertolin di Open Canoe Open Mind, ho aperto gli occhi sul rapporto uomo-fiume in Veneto, una realtà che ha due facce. Da un lato, ci sono gravissimi problemi a livello ecologico dovuti allo scarico di rifiuti tossici in fiume e allo sfruttamento intensivo delle acque per il settore idroelettrico. Dall'altro lato però c'è anche una realtà importante di cittadini e abitanti del fiume, in gran parte canoisti, che si impegnano attivamente sul campo per difendere i propri corsi d'acqua da questo scempio che potrebbe diventare irreversibile molto presto. Da loro sono stato accolto con enorme disponibilità ed entusiasmo. Cristian e tutti i componenti dell'associazione, insieme ad altre realtà del territorio, hanno una dedizione totale per questa causa. Non solo: molti di loro hanno anche una conoscenza del territorio, del bacino idrografico, della flora e della fauna, che è possibile solo a chi vive questi fiumi intensamente da tutta la vita. “Vivere intensamente” significa non solo percorrerli in canoa ma anche giocarci da bambini, raccogliere bruscandoli sull’argine, conoscere i periodi delle piene. Vorrei vedere questo coinvolgimento affettivo anche nella mia Palermo, dove invece il fiume della città, l'Oreto, ormai è una discarica a cielo aperto dimenticata da tutti, salvo quando è il momento di fare propaganda con dichiarazioni a effetto che poi non vengono seguite dai fatti».
Ma l’avventura veneta non è ancora finita: dopo il Sile sarà il turno del Piave, “Fiume Sacro alla Patria” in memoria dei combattimenti della Prima Guerra Mondiale, che però negli ultimi anni patisce sempre di più lo sfruttamento da parte dell’industria idroelettrica, tanto da essere ormai sceso a una portata ben inferiore al suo minimo vitale. Anche questa storia, coi suoi chiaroscuri, verrà raccontata a più voci: quella dell’autore, quella delle associazioni, ma anche quelle degli abitanti delle sue sponde. Il capitolo “nostrano” di The Raftmakers si chiuderà a Palermo, città natale di Igor D’India, che poi volerà dall’altra parte del mondo per documentare la vita delle antiche popolazioni Maya in Belize, in Centroamerica. Per realizzare queste tappe, però, servono risorse. Risorse per le spese vive, i biglietti aerei, l'attrezzatura e l'assicurazione, ma anche per la post produzione: montaggio, musiche, coautore, grafiche e così via. Tutti elementi indispensabili per raggiungere quello standard qualitativo che faccia sì che The Raftmakers non abbia nulla da invidiare ai documentari e alle serie televisive di avventura che riempiono i palinsesti televisivi e i programmi dei Festival. Per questo Igor D'India coinvolge in prima persona tutti i veneti che vogliono sentir raccontare la storia dei propri fiumi: c'è tempo fino al 26 luglio per pre-ordinare il film (nella versione da 1 ora e 20 minuti) e ricevere in cambio, a seconda dell'entità del proprio contributo, una foto della spedizione, una maglietta, un workshop e molto altro. Non avendo alle spalle case di produzione o grandi sponsor, infatti, il documentarista ha scelto la strada del crowdfunding, che soprattutto all'estero è una realtà ormai da anni e ultimamente si sta muovendo a grandi passi anche nel nostro Paese. Tutte le informazioni sul progetto, sulle ricompense e sul modo in cui verranno usati i finanziamenti sono disponibili su www.indiegogo.com/projects/the-raftmakers/
IGOR D’INDIA
Igor D’India (palermitano, classe 1984) nel 2005 gira Le finestre di Beslan, inchiesta indipendente sulla strage dell’Ossezia del Nord dove persero la vita 186 bambini. Tra il 2009 e il 2010 affronta il Mongol Rally e l’Africa Rally a bordo di una sgangherata Y10 acquistata per 400 euro e l’anno successivo, in occasione del 150 anniversario dell’Unità d’Italia, ripercorre a ritroso in bicicletta il cammino di Garibaldi, da Marsala a Palermo, documentando il viaggio con un iPhone. Nel 2012 trascorre un mese in isolamento nella Grotta del Pidocchio, a Monte Pellegrino (Palermo), senza riferimenti temporali né luce naturale e realizza Geologia di un Sogno. Il suo primo incontro coi fiumi risale però al 2010, quando ripercorre a piedi, dalla foce alla sorgente, il fiume Oreto, che attraversa la città di Palermo e ormai è ridotto a discarica a cielo aperto. Nel 2014, seguendo le orme del celebre esploratore e alpinista Walter Bonatti, viaggia per 7000 km in autostop da Toronto allo Yukon Territory, per poi percorrere 1.400 km nel fiume Yukon in canoa in solitaria. Le condizioni climatiche avverse lo obbligano a concludere la spedizione a Fort Yukon (Alaska) e a continuare il viaggio con mezzi alternativi. Da quest’esperienza realizza il documentario The Yukon Blues e, colpito dalle conseguenze tangibili dei cambiamenti climatici, inizia a maturare le prime suggestioni che porteranno a The Raftmakers.