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Villorba: lo scrittore Andrea Molesini presenta il suo nuovo romanzo alla libreria Lovat

Intervista al vincitore del premio Campiello 2011, ospite sabato 17 settembre della libreria Lovat per la presentazione del suo nuovo romanzo: "La solitudine dell'assassino"

VILLORBA Un nuovo romanzo, uscito poche ore fa in tutte le librerie d'Italia, e un nuovo modo di osservare (e raccontare) la realtà. Il ritorno alla scrittura di Andrea Molesini passa attraverso queste due tappe complementari e si presenta come una delle novità più interessanti dell'attuale stagione letteraria. La solitudine dell'assassino, nuova opera dello scrittore veneziano, è un romanzo a tinte fosche, ambientato nel misterioso mondo delle carceri, luoghi da sempre pieni di anime tormentate e segreti inconfessabili. Qui sconta la sua pena Carlo Malaguti, bibliotecario ottantenne che dopo ventun anni di prigione, è pronto a tornare in libertà. L'incontro con un giovane traduttore desideroso di conoscere il suo passato, porterà però a galla una serie di verità sconcertanti. Dopo il successo de La primavera del lupo, la vittoria del premio Campiello nel 2011 e tante trasposizioni in lingue straniere, Molesini si cimenta con una nuova esperienza narrativa che sarà presentata al pubblico trevigiano nel pomeriggio di sabato 17 settembre alla libreria Lovat di Villorba. L'incontro, a ingresso libero, sarà mediato da Tiziana Agostini e inizierà alle ore 18. In vista di tale occasione abbiamo rivolto all'autore qualche domanda per conoscere, in anteprima, i dettagli del suo atteso ritorno letterario:

La solitudine dell’assassino è il titolo del libro che segna il suo ritorno al romanzo dopo una pausa durata oltre due anni. Cosa pensa ci sia di nuovo oggi nella sua scrittura?
Una maggiore libertà, coraggio ed esattezza. Non a caso il romanzo inizia con la frase: "Ho vissuto da uomo libero, e la libertà mi ha devastato" e, 366 pagine dopo, si conclude con: "il segreto della felicità è la libertà, e quello della libertà il coraggio".

Dopo aver ampiamente esplorato il genere del romanzo storico con Non tutti i bastardi sono di Vienna, La primavera del lupo e Presagio, questo libro sancisce il suo approdo a un nuovo genere letterario. Da dove ha tratto l’ispirazione per scriverlo?
Dalla realtà, come sempre. Mi piace la resistenza della res, della cosa reale. La solitudine dell’assassino è la storia di un uomo comune, un bibliotecario, che accetta di vivere un destino tragico perché rifiuta di dimenticare. L’oblio è una scelta. “Gli uomini non perdonano, dimenticano” dice a un tratto. Lui è libero perché non dimentica, perché non si perdona un istante di debolezza che ha avuto conseguenze drammatiche: durante l’ultima guerra, torturato dalle SS, ha rivelato il nascondiglio di una ragazza ebrea di cui era innamorato. Non considera la tortura come un'attenuante. Si riscatta soffrendo, ricordando, e resta vivo, sempre. Un uomo qualunque che si fa eroe perché, impavido, ricorda e ricordando si condanna all’inferno sulla terra.

James M. Cain, grande narratore di storie ricche di assassini (o aspiranti tali), diceva che per dare forma ai suoi personaggi prendeva sempre spunto dall’uomo medio del suo tempo e dal logos della campagna americana. Che elementi deve avere, secondo lei, un romanzo noir per catturare l’attenzione dei lettori?
Non ci sono ricette. Io credo che solo l’emozione resista. L’autore deve essere sincero nel dire quel che sente e pensa, deve provare dentro di sé quei sentimenti che attraversano l’anima dei personaggi e li fanno agire sulla pagina. Perché la pagina suoni vera deve nutrirsi del vigore emotivo del suo autore, e l’emozione non si può fingere. La collera, come l’amore, è inimitabile.

Nei suoi romanzi l’ambientazione e il territorio non sono mai un semplice sfondo ma una parte viva e importante della storia. Sarà così anche per La solitudine dell’assassino?
Sì. I luoghi sono anche loro personaggi che scolpiscono destini. Qui abbiamo soprattutto Trieste e Sant’Erasmo, un’isola al centro della laguna di Venezia piena di fascino e antichi misteri. Trieste è invece una città tragica, di confine, crocevia di destini estremi, plurilingue, che durante l’ultima guerra mondiale, dalla primavera del 1944 a quella dell’anno successivo, è stata annessa al Terzo Reich di Hitler.

Oltre alla scrittura, un'altra sua grande passione è il cinema. In un ipotetico adattamento cinematografico del suo nuovo romanzo, chi vorrebbe interpretasse i personaggi sul grande schermo?
Ci vorrebbe Hitchcock alla regia, con Anthony Hopkins nei panni del bibliotecario protagonista. I sogni irrealizzabili mi sono sempre piaciuti molto.

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