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Mercoledì, 7 Giugno 2023
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Da Trieste alle piste di mezzo mondo, 50 anni fa la tragica morte di Gilberto Parlotti

Il pilota di origine trevigiana si trasferì fin da giovane con tutta la famiglia a Trieste. Le corse per la Tomos, fino a quel campionato del mondo del 1972 quando, in testa alla classifica, perse la vita sull'isola di Man. La storia

Gilberto Parlotti, un pilota nella leggenda. Arrivato giovanissimo a Trieste dalla provincia  di Treviso con la numerosa famiglia venuta ad operare nell'attività meccanica, si fece notare da ragazzino per le sue straordinarie attitudini di futuro pilota. Con la leva di velocisti formatasi a cavallo del 1960 a Trieste grazie al “patron” Piero Ostuni -  tra gli altri Alfredo Suspize, Bruno Rustia, Luigi Rinaudo e Claudio Loigo - diventa popolarissimo in Jugoslavia con una serie interminabile di vittorie, pur disponendo di mezzi limitati. Sembrava che ogni veicolo nelle sue mani fosse magicamente potenziato nelle sue possibilità velocistiche. In un momento negativo per il settore motociclistico (1958-1968) riuscì tuttavia a mettersi in luce tra i tanti piloti “privati”nelle gare nazionali, alle quali fu introdotto dall'amico e collega Rinaudo, entrambe rientrati al Moto Club Trieste.

L'impresa di Abbazia

Pur non essendoci disponibilità di moto ufficiali, Parlotti, la cui generosità in gara fu ben presto riconosciuta nell'ambiente, fu chiamato in varie occasioni dalle Case per “dare una mano” sui circuiti più difficili e, al tempo, pericolosi. Avvenne con la Morini per vincere con la bialbero 250 del campione Provini – infortunato – il Gran Premio di Jugoslavia ad Abbazia nel '65, poi per l'esordio vincente della Ducati 500 bicilindrica, con la Derbi 50 per fare “da secondo” al campione mondiale Angel Nieto, e soprattutto con la Benelli 250 4 cilindri per consentire alla Casa pesarese ed al suo pilota Karruthers di vincere il mondiale. In questa occasione, sul pericoloso circuito stradale di Abbazia, Gilberto fece una gara memorabile “accompagnando” alla vittoria Karruthers e stabilendo il giro più veloce. Altra impresa fu quella delle due vittorie internazionali, sui circuiti romagnoli, con la Yamaha 250 privata prestatagli dall'amico pilota Visenzi, quando sconfisse l'analoga macchina ufficiale.

L'epoca alla Tomos

Parlotti, piccolo di statura ed esile nel fisico, sprigionava una forza insospettabile grazie alla quale fu uno dei pochi piloti che riuscì a vincere in tutte le cilindrate all' epoca previste nelle gare di velocità (50, 125, 175, 250, 350, 500 e 750). Divenuto pilota ufficiale della Tomos assieme a Rinaudo, vinse per due volte il titolo italiano delle 50 (1969 e 1970), mettendosi in luce anche nel mondiale. L'ingegner Janez della Tomos ebbe a dire, a chi gli chiedeva come faceva la Tomos a tenere il passo delle Derbi, Yamathj, Kreidler pur essendo chiaramente meno potente, che i cavalli che mancavano erano presenti nel corpo di Parlotti. Nella seconda parte della sua carriera, ripresosi il mercato di settore, Parlotti trova le opportunità migliori. Si lega alla nascente Morbidelli e con questa marca vince spesso le gare di Campionato Italiano sia con la 50 che con la 125 nella stessa giornata. Pur essendo la 125 ancora da affinare, vince nel '70 il Gran Premio di Cecoslovacchia e l'anno successivo si aggiudica il titolo italiano di categoria (vincendo quasi tutte le gare) e il Gran Premio d'Italia a Monza (con un record imbattuto per 10 anni). Sempre nel '71 con la 125 Morbidelli è secondo nei Gran Premi d'Austria e di Germania e, con la Derbi 50 al G.P di Svezia in cui fece da “spalla” a Nieto.

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