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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Agente di scorta trevigiano: "Il giudice Falcone si poteva salvare"

Intervista al poliziotto Luciano Tirindelli, membro della "Quarto Savona 15" (in sigla la scorta Falcone), che avrebbe dovuto essere in servizio il giorno della strage di Capaci, ma un cambio di turno gli ha salvato la vita

Luciano Tirindelli, l’agente di scorta di Giovanni Falcone che avrebbe dovuto essere di servizio il giorno della strage di Capaci, parla per la prima volta da quel terribile 23 maggio 1992. Al mensile "Il Piave" racconta che il cambio improvviso di turno gli ha salvato la vita.

"Giovanni Falcone in quel periodo era stato chiamato dal guardasigilli on.Claudio Martelli al Ministero di Grazia e Giustizia e alternava giornate a Roma, in cui era seguito da un’altra scorta, a giornate in Sicilia seguito dalla nostra scorta", spiega l'agente trevigiano, una vita in prima linea contro la mafia in Sicilia. "Non avevo una grande simpatia per La Barbera, pace all’anima sua che morì nel 2002 all’età di sessant’anni. La mia idea è che non avesse una grande attenzione per la scorta, o comunque non ha mai fatto in modo di poterci agevolare, non aveva l’entusiasmo di averci alla squadra mobile anzi c’era una specie di sofferenza, eravamo per lui una sorta di intralcio".

Poi l'intervista si concentra sui mezzi a dispozione del magistrato per gli spostamenti. Si parla di un elicottero tolto alla dotazione, che avrebbe potuto salvare la vita al magistrato. "Con Falcone non ne ho mai parlato, non potevo, non credo sapesse che La Barbera aveva tolto l’elicottero. Era una cosa gravissima e purtroppo io credo determinante, decisiva per la tragedia di Capaci. Penso che lo abbia notato perché questa cosa comunque avvenne qualche mese prima dell’attentato allo svincolo per l’Isola delle Femmine. Ovviamente sapevamo che, come figura istituzionale, il dottor Falcone era più importante di La Barbe- ra; qualche volta noi abbiamo tentato di parlare con Falcone, di spiegare che avevamo le nostre esigenze di macchine, radio, an- che di addestramento e Giovanni ci faceva capire che lui non vole- va intromettersi. Non voleva es- sere quello che alzava il telefono ed imponeva a La Barbera qual- cosa, non voleva avere nessun rapporto, non voleva prevaricare la posizione, probabilmente non voleva neanche scontrarsi, per- ché sicuramente ci sarebbe stata tensione".

"Io mi chiedo... il “Poli” (elicottero, ndr) quel giorno non c’era: ma se ci fosse stato, l’elicottero, oltre a consentire una visuale completa del territorio, sarebbe stato soprattutto un deterrente".

"La mancanza dell’elicottero “Poli” può aver inciso. E anche tanto. Pensiamoci: da lassù si sarebbe potuto notare il gruppetto con il telecomando? Si sarebbero viste delle “anomalie” lungo il percorso? Chi può escluderlo? Perché nessuno – NESSUNO! - in questi ventuno anni dall’attentato ne ha mai parlato? Poi, la casualità vuole che quel giorno – e questo Brusca non lo poteva sapere e non so neanche se gli fosse stato comunicato - alla guida dell’auto c’è Giovanni, a destra Francesca e sui posti dietro Costanza. Salta in aria sul tritolo la prima auto che viene presa in pieno dall’esplosione, la seconda guidata da Falcone viene investita sì, ma dall’onda d’urto e così pure le vetture che seguo- no. Il vetro davanti della croma di Falcone viene sfondato da questa terribile onda che prende in pieno Giovanni e Francesca. Peppino, che è seduto dietro, si fa solo un’escoriazione e un piccolo taglio sulla testa, ma rimane vivo. La signora Francesca rimane per alcuni momenti viva, e anche Giovanni, moriranno in ambulanza".

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