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LETTORI - Gli arredi di Palazzo Scotti in vendita sulla Feltrina

Lettera di indignazione di Antonio, lettore che vive tra Treviso e Tramonti, per i preziosi arredi e suppellettili di Palazzo Scotti, messi in vendita in un magazzino della Provincia sulla Feltrina

Antonio, lettore che vive tra Treviso e Tramonti, ci ha scritto per esprimere la sua indignazione e il suo raccapriccio per quella che definisce "la dispersione della memoria storica degli amministratori" trevigiani.

LA LETTERA - Casualmente sono venuto a conoscenza che presso un magazzino della Provincia sulla Feltrina a Treviso erano in vendita oggetti e suppellettili che l'ente provinciale non usa più. Stamane mi ci sono recato con la mia famiglia ed è stato un colpo al cuore mentre mia moglie ha avuto un intenso malore.

Ho ritrovato gran parte del mobilio che fino ad alcuni anni fa arredava Palazzo Scotti, sede sin dal 1967 dell'Ente Provincia per il Turismo di cui sono stato dipendente fino alla sua trasformazione.

Ho ritrovato i miei mobili, usati e vissuti con amore infinito per molti anni. I mobili e le suppellettili che Giuseppe Mazzotti il più grande uomo di cultura trevigiana del 1900, "inventore" del turismo nella Marca e promotore di un'infinità di iniziative tese alla promozione globale del territorio veneto e non solo, aveva cercato e raccolto come un rabdomante presso gli antiquari della regione o aveva fatto realizzare da provetti artigiani su modelli custoditi nei musei.

Ed ora, dopo anni di latitanza e omertà, li ritrovo in un magazzino pronti ad arredare anonime case ma senza l'anima che vi avevamo infuso, in quel luogo che era araldico di idee e di fare tutto attivo.

Ma, per doverosità nei confronti di mia moglie che condivide amore e rispetto per la Marca Trevigiana, trascrivo alcuni brani di un intervento che aveva fatto nel 2007 in occasione di una commemorazione di Giuseppe Mazzotti.

"Una delle battaglie vinte da Mazzotti era stato il recupero ed il restauro di palazzo Scotti e la destinazione a splendida sede dell'Ente Provinciale per il Turismo. Era stato un esempio mirabile di adattamento di questa dimora gentilizia che, pur divenendo un funzionalissimo ufficio aperto al pubblico, si presentava come se fosse ancora una raffinata ed esemplare abitazione nobiliare. L'arredamento era stato curato con competenza ed estremo buon gusto: mobili di antiquariato (cercati o scovati presso antiquari della Marca) integrati da altri in stile copiati da esemplari autentici di musei veneti e realizzati da abilissimi e famosi artigiani. I tappeti, i tendaggi e le tappezzerie: tutto era curatissimo ed armonizzato nella scelta di colori e tessuti.

Entrando a palazzo Scotti mi aspettavo di ritrovare quell'atmosfera che io ricordavo. Lo sconcerto e la delusione sono stati enormi. Sparita la cassapanca cinque-seicentesca originale a metà delle scale, spariti i grandi tavoli fratini, quello più piccolo laccato veneziano del '700, l'enorme tappeto del salone centrale, tutto autentico; sparite le panchette e le seggiole copiate da originali di Casa da Noal, ed al loro posto una sfilza di sedie stonatissime e due tavolacci coperti da un panno. Sparito il bel tendaggio che separava il salone dalle scale di servizio, sostituite dovunque le raffinate mantovane di tessuti e colori adeguati al palazzo con un vellutaccio rosso e cafone. E negli altri ambienti? Via tutti i bellissimi mobili, le scrivanie, le librerie, i divani, le poltrone dagli uffici del direttore e del presidente di allora. E' rimasto ciò che non era trasportabile: gli splendidi lampadari muranesi e solo tre bellissimi armadi di cui uno originale veneziano del '700, un grande armadio laccato rosa fatto apposta per quella parete e un grande dipinto su carta di Malossi.

Il mio raccapriccio e l'indignazione sono stati grandi. Non volevo credere ai miei occhi. La constatazione dell'enorme danno che ancora una volta fanno l'ignoranza, la grossolanità, il disprezzo che caratterizza alcune persone a cui è affidata la cosa pubblica mi ha allibita. Sembra che siano passati gli sciacalli, i barbari, la guerra! E invece sono passati solo la Provincia e il Comune di Treviso.

Gli arredi erano parte del palazzo ed erano proprietà di tutti noi che li avevamo comprati con le nostre tasse. Entrando in quel palazzo tutti potevano sentirsi gratificati ed orgogliosi di poter godere di un luogo bello, accogliente e comunque sempre funzionale come ufficio.

Ci hanno rubato tutto ciò per insensibilità, prepotenza, volgarità. La distruzione per la distruzione e la speculazione. E lo sperpero del denaro pubblico? Adeguare alle nuove tecnologie non richiede per forza la distruzione di quello che c'era e la sostituzione con brutti arredi inappropriati. Che affronto a Giuseppe Mazzotti e a tutti noi! Altro che commemorazione, in tanti dovrebbero fare pubblica ammenda, ripristinare il disperso e considerare meglio il suo patrimonio di eredità"

No, cara moglie, non sarà ripristinato il disperso, anzi sarà tutto ancora più mortificantemente disperso. E la risposta che l'ex assessore alla "cultura" Marzio Favaro dette qualche anno fa che tutto era ben custodito in un magazzino, era una superficiale liquidazione e chiusura di ogni espressione civile, confermando la dispersione e non volendo entrare nel merito del recupero culturale.

Come un grande pannello in ceramiche di Vietri sul Mare che il Comune di Tramonti in Costa d'Amalfi aveva donato all'allora presidente Giuseppe Marton come segno di riconoscimento per l'apporto avuto in occasione del terremoto del 1980. Riproduceva la valle di Tramonti verso il mare ed era di mano di un ottimo maestro decoratore. Per molti anni ha adornato il salone della Provincia in via Cesare Battisti ma poi era scomparso, quindi mi erano stati chiesti 2 milioni di lire di cauzione per il prestito per una mostra e poi non c'è stato verso di rintracciarlo ancora e magari riportarlo a Tramonti dove sulla facciata del municipio è murata una copia, in piazza Treviso. Ho tentato per anni di recuperare un certo rapporto di amicizia e consapevolezza, portando gruppi di turisti dal Salernitano a Treviso e viceversa, ma alla Provincia hanno espresso categorico diniego ed hanno evidentemente creduto che i confini fossero al Sile che si porta via anche le memorie e le volontà di capire.

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