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Cronaca

Le infiltrazioni mafiose in Veneto non risparmiano la Marca

La Direzione Nazionale Antimafia punta i riflettori sul Veneto. Complice la crisi, organizzazioni camorristiche allungano le mani sulle piccole e medie imprese in difficoltà, anche nella Marca

È preoccupante il quadro emerso dalla relazione annuale presentata dal procuratore della Direzione Nazionale Antimafia (Dna). Buona parte del Veneto è oggetto di infiltrazioni mafiose, soprattutto nel tessuto economico.

CAMORRA IN VENETO - Secondo il procuratore, eccezion fatta per le zone a confine con la Lombardia e il Lago di Garda, in Veneto si sono insediate diverse organizzazioni criminali di stampo mafioso, nell'ambito di quella che può definirsi una "strategia di delocalizzazione del crimine organizzato" riconducibile soprattutto alla camorra campana.

27 ARRESTI NEL 2011 - E proprio riguardo alla camorra, tra settembre 2010 e marzo 2011, è stata svolta un’indagine che si è conclusa con 27 arresti, 25 dei quali per associazione per delinquere di stampo mafioso. Gli arrestati sono legati al Clan dei Casalesi e si facevano strada nel territorio, attraverso atti intimidatori, usura, sequestri di persona ed estorsioni per mettere le mani su attività economiche, concessioni e autorizzazioni, con il fine ultimo di finanziare associati detenuti in Campania.

Le Forze dell’ordine hanno accertato che l’organizzazione aveva messo in piedi abusivamente un’attività di intermediazione finanziaria e di riscossione di crediti a Padova, assoggettando una cinquantina di imprenditori veneti, divenuti vittime di estorsioni e costretti a svendere aziende, partecipazioni societarie, beni immobili e mobili.

CAMORRA E CRISI - Attraverso il gruppo sgominato, l’organizzazione camorristica campana aveva esportato in Veneto le proprie tattiche criminali per seminare il terrore e diffondere l’omertà. La Dna ha anche messo in evidenza come i camorristi sfruttino il momento di crisi economica per impossessarsi della imprese piccole medio-piccole in difficoltà. Particolare molto grave in Veneto, dove l’economia si regge soprattutto sulla piccola e media imprenditoria.

A colpire la Dna è stato, in particolare, il numero elevato di imprenditori vittime della camorra e, ancor di più, il loro silenzio. Tanto che per squarciare lo spesso velo di omertà gli inquirenti hanno dovuto infiltrare degli agenti.

COSA NOSTRA A TREVISO - La relazione del procuratore della Dna ha diffuso anche un altro dato preoccupante, emerso durante un’altra inchiesta. Il principale indagato, al quale era già stata sequestrata un’azienda a Palermo, si era trasferito a Treviso, dove aveva aperto un’altra società, nello stesso settore, a nome della moglie.

Il padre dell’indagato era stato arrestato in quanto considerato uno dei prestanome del boss di Cosa Nostra Bernardo Provenzano. I coniugi, emigrati in Veneto, avevano aperto un’azienda che era riuscita ad aggiudicarsi, nel campo dei lavori pubblici, diverse gare di appalto, con ribassi fino al 45 per cento che facevano terra bruciata dei concorrenti.

La società aveva anche investito, in soli due anni, circa un milione e mezzo di euro nell’acquisto di immobili nella Provincia di Treviso, che venivano intestati a persone di fiducia.

La Dna ha scoperto che la ditta serviva a mascherare svariati interessi. Nonostante le prime gare di appalto vinte, l’azienda era sostanzialmente inattiva, ma la coppia continuava a fare investimenti immobiliari e a mantenere stretti contatti con Palermo.

L’indagato, inoltre, aveva voluto salvare dal sequestro alcuni beni sfuggiti alle Forze dell’ordine o continuare a operare come prestanome per Cosa Nostra. Perciò si era insediato in una zona in cui non era conosciuto, aprendo una società di facciata e riciclando capitali in operazioni immobiliari.

Salta agli occhi, secondo la Dna "l'altro aspetto della presenza del crimine organizzato nel territorio veneto: quello dei reinvestimenti silenziosi dei proventi dell'attività mafiosa svolta in diverso territorio, e segnatamente in quello siciliano d'origine”.

“In particolare – ha concluso il procuratore – potrebbero essere il segnale della riemersione in forma economico-finanziaria di Cosa Nostra in zone diverse da quelle ove vive ed opera secondo i classici canoni della sua azione criminale".

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