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Cronaca

Fondazione Benetton, Teatro del pane e CPIA portano il teatro in carcere

Le tre realtà trevigiane promuovono, fra gennaio e marzo 2017, il progetto "Le forme del teatro", articolato in spettacoli e laboratori di formazione per i detenuti

TREVISO Fondazione Benetton Studi Ricerche, CPIA “Alberto Manzi” (Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti) e Teatro Del Pane uniscono competenze e risorse per portare il teatro all’interno del Casa Circondariale di Treviso. Le tre realtà trevigiane, consapevoli della funzione terapeutica e pedagogica delle arti sceniche, promuovono, fra gennaio e marzo 2017, il progetto Le forme del teatro, articolato in spettacoli e laboratori di formazione per i detenuti e per gli insegnanti del CPIA che operano sia all’interno della Casa Circondariale che nei centri di istruzione per gli adulti. Saranno quattro gli spettacoli teatrali proposti ai detenuti e organizzati, fra gennaio e marzo, nella sede della Casa Circondariale.

Si comincerà venerdì 27 gennaio con il duo comico di Pordenone composto da Andrea Appi e Ramiro Besa, in arte I Papu; si proseguirà venerdì 3 febbraio con uno spettacolo dell’attore Andrea Pennacchi accompagnato dalle musiche di Sergio Marchesini; e con altri due appuntamenti, in corso di definizione, in programma venerdì 10 e 17 marzo. A margine degli eventi, gli artisti coinvolti dialogheranno con i detenuti, favorendo occasioni di confronto e riflessione.

Al fine di promuovere un coinvolgimento attivo e diretto dei destinatari dell’iniziativa, saranno proposti inoltre due laboratori di formazione teatrale, a cura di Mirko Artuso, direttore artistico del Teatro Del Pane, attore, regista ed esperto nella formazione teatrale, che si avvarrà della collaborazione di Suelo Faganello, fisioterapeuta, esperta in movimento e benessere del corpo. Un laboratorio si svolgerà all’interno della Casa Circondariale e sarà rivolto ai detenuti, a cui saranno proposti quattro appuntamenti a cadenza settimanale fra febbraio e marzo. Il secondo momento formativo, in programma nella sede del Teatro Del Pane e concentrato nell’arco di un fine settimana, è pensato per gli insegnati del CPIA.

«In ogni persona ci sono storie che aspettano di essere raccontate: si cercherà di andare alla ricerca di queste storie, senza dare per scontato i modelli culturali di appartenenza» spiega Artuso, che continua «la sfida che ci si propone è quella di costruire un percorso di educazione teatrale, partendo dalla teatralità spontanea, istintiva, naturale, sotto la guida esperta di un formatore teatrale, che cercherà di metterla in luce, di valorizzarla, ma anche di contenerla e canalizzarla verso vie proficue. Tra gli obiettivi: favorire l’espressione individuale e di gruppo; incoraggiare l’accettazione della propria individualità; attivare la creatività personale attraverso il fantastico, l’immaginario e il sogno; facilitare la crescita interrelazionale e la consapevolezza personale; sviluppare la sincronizzazione con il gruppo e con l’ambiente attraverso momenti d’insieme».

«Il “teatro in carcere” è una pratica diffusa ormai da anni in diversi istituti di pena del nostro Paese, sia in forma di rappresentazioni teatrali fruite dai detenuti sia come spettacoli in cui a essere protagonisti sono i detenuti stessi» spiega Orazio Colosio, dirigente scolastico del CPIA “Alberto Manzi”. «L’esperienza che il CPIA, la Fondazione Benetton e il Teatro del Pane, in collaborazione con la direzione della Casa circondariale del carcere di S. Bona, intendono proporre ai detenuti assume forse significati nuovi e diversi rispetto a quanto avviene in altre realtà perché intende porre l’accento sulla pratica teatrale piuttosto che sullo spettacolo, sull’attività laboratoriale e creativa dei detenuti, sulla funzione terapeutica e pedagogica di quest’ultima, in grado di intervenire sugli aspetti relazionali e la cura di sé. Si tratta di una proposta che nasce dalla convinzione che il teatro, nella forma della fruizione e in quella della sperimentazione di forme espressive, forse inusuali, ma non per questo meno interessanti ed efficaci, possa e debba entrare a pieno titolo e con una propria specificità a far parte delle attività trattamentali. È un inizio, nella speranza che il progetto possa trovare continuità e, perché no, permettere ai detenuti della Casa circondariale di Treviso, nei prossimi anni, di far conoscere alla società la realtà del carcere dando corpo e voce, su un palcoscenico, alle proprie emozioni e ai propri pensieri».

Racconta Marco Tamaro, direttore della Fondazione Benetton: «l’anno scorso abbiamo avuto modo di portare nel carcere di Santa Bona il nostro spettacolo Ritorni, ispirato dall’edizione 2014 del Premio Carlo Scarpa, dedicato ai villaggi di Osmače e Brežani, vicino a Srebrenica. Un lavoro che, a vent’anni dalla fine della guerra in Bosnia-Erzegovina, lascia sullo sfondo il racconto del conflitto e delle sue crudeltà per portare in scena storie di impegno quotidiano che testimoniano un lento e difficile cammino verso la pace, fatto di tolleranza, condivisione e perdono. La sentita partecipazione dei detenuti e le loro manifestazioni di apprezzamento ricevute, anche per corrispondenza, nei giorni successivi alla messa in scena e all’incontro con l’attore, Filippo Tognazzo, e con uno dei protagonisti della storia narrata, Zijo Ribić, ci hanno convinto dell’utilità del linguaggio teatrale per superare barriere e aprire forme di dialogo, di condivisione e di riflessione. Abbiamo perciò deciso di impegnarci in un progetto più articolato, cercando, come di consueto, di stabilire sinergie con altre realtà del territorio, unendo le forze in vista di un obiettivo comune».

È in fase di valutazione anche la proposta di uno spettacolo per gli studenti del CPIA della Provincia di Treviso, da tenersi nell’auditorium degli spazi Bomben della Fondazione Benetton.

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