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Cronaca

Pomodori cinesi sulle tavole trevigiane: Coldiretti chiede l'etichetta d'origine

La richiesta arriva da Walter Feltrin, presidente di Coldiretti Treviso che sottolinea come l’impegno per arrivare al più’ presto all'etichetta d'origine su tutti i derivati del pomodoro vada esteso anche a tutti i vegetali trasformati

TREVISO “Io quando acquisto un prodotto alimentare amo sapere la sua provenienza perché voglio scegliere con consapevolezza, decidere io se correre dei rischi o meno, conoscere chi e come ha coltivato la terra di origine, quanti chilometri ha percorso per arrivare sul mio piatto. Eppure questo non vale per tutti visto che più o meno inconsapevolmente c’è chi si nutre senza sapere nulla di tutto questo. Così ecco che si pensa mangiando una pizza alla pummarola come ad uno straordinario  prodotto tipico made in Italy ed invece in realtà arriva addirittura dalla Cina. Serve un cambiamento che solo tutti i consumatori, a partire dai miei concittadini trevigiani, possono pretendere”.

La disamina è di Walter Feltrin, presidente di Coldiretti Treviso che sottolinea come l’importante impegno per arrivare al piu’ presto all’etichetta di origine su tutti i derivati del pomodoro va esteso a tutti i vegetali trasformati, dai succhi alle confettura come chiede l’84% degli italiani che hanno partecipato alla consultazione pubblica indetta dallo stesso Ministero delle Politiche Agricole. Coldiretti Treviso, infatti, commenta positivamente l’annuncio del Ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina di voler estendere anche ai prodotti derivati dal pomodoro l'etichettatura obbligatoria dell'origine delle materie prime, come fatto con latte, pasta e riso: “Ad oggi – sottolinea la Coldiretti - l’obbligo di etichettatura di origine è in vigore in Italia solo per le passate, ma non per pelati, polpe, sughi e soprattutto concentrati – sottolinea Antonio Maria Ciri, direttore di Coldiretti Treviso rivelando da dove questi arrivano in massicce quantità - che l’Italia ha importato dalla Cina nel 2016 per un totale di 91 milioni di chili, attorno il 20% della produzione nazionale. Un fiume di pomodoro che viene poi spacciato nel mondo come italiano per la mancanza di un sistema di etichettatura di origine obbligatorio”.

Ma il problema riguarda tutta l’ortofrutta trasformata, dai fagioli all’arancia che spesso arrivano da Paesi lontani per essere lavorati in Italia e diventare magicamente sulle tavole dei trevigiani Made in Italy senza alcuna indicazione per il consumatore. “Di fronte all’atteggiamento incerto e contradditorio dell’Unione Europea che obbliga ad indicare l’origine in etichetta per le uova ma non per gli ovoprodotti, per la carne fresca ma non per quella trasformata in salumi, per l’ortofrutta fresca ma non per i succhi, le conserve o le marmellate per il miele ma non per il riso, per il pesce ma non per il grano nella pasta, l’Italia che è leader europeo nella trasparenza e nella qualità ha il dovere – conclude il presidente Feltrin - di fare da apripista nelle politiche alimentari comunitarie anche con una profonda revisione delle norme sul codice doganale”.

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