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Cronaca Centro / Piazza Signori

Cento anni fa l'affondamento del piroscafo Principe Umberto: le vittime furono 1764

Appuntamento mercoledì 8 giugno con l'orazione del professor Daniele Ceschin alle 20.30 in piazza dei Signori a Treviso e i concerti della banda "D. Visentin" e del coro ANA di Oderzo

TREVISO Mercoledì 8 giugno la Prefettura di Treviso e i Comuni di Treviso e di Casier celebreranno la commemorazione del Centenario dell'affondamento del piroscafo "Principe Umberto" avvenuta l'8 giugno 1916, sul quale morirono 1764 soldati, tra i quali 521 trevigiani.

Nel pomeriggio, con inizio alle 19, i sindaci di tutti i comuni della provincia di Treviso parteciperanno alla solenne deposizione delle corone di alloro al Monumento dedicato al 55° Reggimento Fanteria alla ex caserma Serena. La cerimonia - che sarà in forma strettamente privata - vedrà la presenza delle massime autorità civili e militari e delle bandiere, dei gonfaloni e dei labari delle amministrazioni comunali e delle associazioni combattentistiche e d'arma.

Alle 20.30 in Piazza dei Signori (in caso di pioggia all'Auditorium del Museo di Santa Caterina) è invece in programma un momento storico-culturale aperto a tutta la cittadinanza, con l'orazione del professor Daniele Ceschin sull'affondamento del piroscafo "Principe Umberto" e il concerto della banda cittadina "D. Visentin" e del Coro A.N.A. di Oderzo.  

LA STORIA

La brigata Marche, di cui il 55° reggimento fanteria fa parte, nel febbraio precedente è stata trasferita dal Carso - via Taranto - in Albania, per gestire le colonne di prigionieri dell'esercito austro-ungarico che sono giunti a Valona "scortati" dalle truppe serbe e per provvedere alla costruzione di trincee e di opere di difesa. Nelle settimane successive non si sono registrati avvenimenti degni di nota, se non qualche scaramuccia. Ma in primavera, per arginare la Strafexpedition, Cadorna decide il rimpatrio di questo reparto. Il 29 aprile 1916 ordina il rimpatrio della Brigata "Marche" per contribuire alla costituzione di un Corpo d’Armata di Riserva  nella pianura vicentina.

Dopo la partenza del 56° fanteria, nei primi giorni di giugno vengono organizzati i preparativi per il rientro anche del 55° reggimento. Nella notte tra il 7 e l’8 giugno 1916 il 55° Reggimento Fanteria si portò sulla spiaggia  di Valona all’altezza di Janiall. L’imbarco del personale e delle salmerie (il Reparto era someggiato ) ebbe inizio alle 8.00 del mattino da uno dei moli del porto.

Sul Piroscafo "Principe Umberto" trovarono posto il Comando del Reggimento al completo (Comandante Col.Ernesto PIANO),il I° ed il II° Battaglione più due Compagnie del III° Battaglione (la 11^ e la 12^). Su un altro piroscafo, il "Ravenna",oltre al carreggio e le salmerie, furono imbarcatile le restanti Compagnie del III Battaglione , la 9^ e la 10^, nonché i rimanenti Ufficiali del Battaglione.

Poco prima della partenza,come da prassi, il Comandante navale – il Viceammiraglio Enrico Millo a bordo della torpediniera "Alcione", aveva ispezionato la baia senza aver rilevato alcunché di sospetto. L’uscita delle navi dal porto di Valona  ed il conseguente ingresso nel Mare Adriatico era molto pericoloso sia per la presenza di mine nemiche che di sommergibili.

L’intero convoglio ,diretto a Taranto e Brindisi ,era composto da nove Unità: in testa la Nave Esploratore "Libia", a distanza di sicurezza il Cacciatorpediniere "Insidioso",tre miglia dietro il Piroscafo "Principe Umberto" scortato dai Cacciatorpediniere "Espero" e "Pontiere" che procedevano a zig-zag per evitare insidie(mine e siluri),a 3mila metri di distanza il Piroscafo "Ravenna"(meno veloce delle altre navi) scortato dal Cacciatorpediniere "Impavido": seguivano due piroscafi meno veloci diretti a Gallipoli e Taranto.

Il convoglio salpò alle ore 19.00 dell’8 giugno 1916, la navigazione stava procedendo tranquillamente quando il Piroscafo "Principe Umberto", ancora in vista delle luci del porto di Valona, 10 miglia a sud-est di Punta Linguetta, avvertì una forte esplosione. Il panico si diffuse  su tutto l’equipaggio, si gridò "al siluro". La nave colpita al centro si spaccò in due ed affondò nel giro di pochi minuti.

Il sommergibile austriaco che aveva silurato con successo il "Principe Umberto" era l’U5 il quale faceva la spola tra Taranto e Valona alla ricerca di navi nemiche, civili o militari, che navigavano in quella zona di mare. Il suo Comandante (Tenente di Vascello Friedrich Shlosser), stando a quello che scrisse nel rapporto dopo l’accaduto, sembra non sapesse nulla del convoglio appena salpato da Valona: con l’approssimarsi della sera stava per andarsene e fare ritorno alla base di Cattaro quando sul periscopio si stagliò la sagoma del Piroscafo.

Furono lanciati due siluri:uno andò a vuoto, l’altro colpì la nave e successivamente provocò lo scoppio delle caldaie. Fu la più  grande  tragedia  navale italiana: perirono 52 Ufficiali e 1764 soldati del  55° Reggimento Fanteria "Marche" e 110 marinai dell’equipaggio. Per alcuni giorni emersero dal mare  sulla spiaggia di Valona  decine di corpi straziati ed irriconoscibili che furono sepolti  senza nome tra gli ulivi  ai bordi della strada che da Valona sale verso Kanina. Quel cimitero sistemato fu da tutti chiamato "il cimitero del 55° Reggimento".

I superstiti dell’immane tragedia, compresi i numerosi feriti, furono  imbarcati sul Piroscafo "Vittorio Emanuele" ed il giorno 12 giugno giunsero a Taranto. A tutti i superstiti non fu consentito di rientrare temporaneamente a casa per salutare i propri cari.

In quella che è la più grave tragedia navale militare italiana, trovano la morte complessivamente 521 soldati trevigiani. 24 sono originari di Treviso, 20 di Oderzo, 19 di Vedelago, 15 di Paese, 11 di Montebelluna, 11 di Roncade, 11 di Spresiano, 10 di San Biagio di Callalta, 10 di Fontanelle.  

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