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Cronaca Conegliano

Incidente sul lavoro alla Garbellotto, un consulente: «Inascoltati i richiami alla sicurezza»

Nel processo per la morte di Dino Corocher, mastro bottaio 49enne di Vittorio Veneto, morto nel 2017 alla Garbellotto Botti & Legnami di Conegliano, ha deposto il responsabile esterno della protezione e prevenzione che lasciò l'incarico, nel 2014, a causa delle divergenze con i vertici societari

«Già alla fine del 2014 non vi era più sintonia sulle questioni che avevano a che fare con la sicurezza. Per cui, alla fine di quell'anno, lasciai l'incarico a un mio collega e, poco dopo, la società decise di rescindere il contratto». A parlare è Alberto Corocher, responsabile esterno del servizio di protezione e prevenzione alla Garbellotto Botti & Legnami di Conegliano, teatro della tragedia che causò il decesso di Dino Corocher, il mastro bottaio e capo reparto 49enne di Vittorio Veneto, morto il 26 luglio 2017 a causa di una grossa scheggia di legno che si conficcò nella carotide mentre stava lavorando su un macchina rifilatrice. La vicenda ha portato a processo, tutti accusati di omicidio colposo, Piero Garbellotto, 40 anni, noto anche per essere il presidente dell'Imoco Volley, i fratelli Piergregorio, 40enne e Pieremilio, 38 anni di Conegliano, il direttore generale Graziano Cavalet, 69 anni di San Fior e il responsabile del servizio di prevenzione e protezione Matteo Cestaro, 52enne di Preganziol. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Alberto Mascotto, Alessandro Alfano e Alessandro Rinaldi.

Corocher ha spiegatonell'udienza di oggi, mercoledì 6 aprile, che tra il 2010 e il 2014, quando mantenne l'incarico, furono molti i suggerimenti che diede all'azienda sulla sicurezza ma che, nella gran parte dei casi, rimase inascoltato. Come quando, nel 2012, aveva caldeggiato l’installazione di uno schermo sul macchinario ( in realtà pensato per proteggere le mani) che avrebbe potuto salvare il povero mastro bottaio. I tecnici dello Spisal di Conegliano, sentiti come testimoni dal giudice Carlotta Brusegan, avevano chiaramente detto che la rifilatrice dove stava lavorando la vittima non era a norma e presentava delle carenze in termini di sicurezza sul lavoro. Rimane il fatto che secondo gli avvocati difensori dei cinque imputati la macchina dove Corocher stava operando era destinata ad altri tipi di lavorazioni, non certamente a rifilare una tavola di legno e che quindi quell’opera si sarebbe dovuta fare con un’altra rifilatrice.

L'incidente sul lavoro avvenne intorno alle 8.45 del mattino. I colleghi ed i vertici dell’azienda erano subito accorsi per aiutare Dino Corocher, colpito alla gola da una scheggia di grandi dimensioni che gli aveva trapassato la carotide. Ma purtroppo non c'era più niente da fare perchè risultò impossibile tamponare l’emorragia molto copiosa dal collo.

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