Per venti anni è stata la sua casa perché ci ha trascorso, in media, otto ore al giorno. Ora che i magazzini sono abbandonati e nelle stanze non risuona più il rumore dei torni, né si respira l'odore dei coloranti, gli dà un tetto sotto il quale ripararsi.

La "casa" è la ex Pagnossin, lungo la Noalese, e chi la abita è Jamal, uno degli 88 operai rimasti senza lavoro dopo il suo fallimento, nel 2008.

"Qui non è male - racconta Jamal a La Tribuna di Treviso - C'è molto spazio". L'edificio, un tempo fabbrica di ceramiche, è ancora in buone condizioni. Al suo interno, dell'attività che la animava, sono rimasti solo piatti rotti, secchi di colorante inutilizzabile e scaffali ricolmi di forme. I macchinari sono stati portati via dopo il fallimento.

Jamal, arrivato in Italia dal Marocco una ventina di anni fa, si è sistemato alla meglio in uno degli uffici: un letto e lo stretto necessario per vivere e per dare a quei pochi metri quadri una parvenza di casa.

La sua unica compagnia sono i writers che ogni tanto si aggirano tra i capannoni abbandonati, in cerca di ispirazione: ormai li conosce uno a uno.

Dopo aver perso il lavoro alla Pagnossin, Jamal si è iscritto a una cooperativa, ottenendo un lavoro a chiamata. Chiamate che in questo periodo non arrivano quasi mai.

Per un periodo, grazie agli ammortizzatori sociali e agli incarichi con la cooperativa, era riuscito a vivere in condizioni dignitose, ma da circa un anno la mancanza di entrate gli ha reso impossibile sostenere il pagamento di un affitto. La sua famiglia è tornata in Marocco e, così, ha deciso di tornare a "casa": la Pagnossin.

"Quando arrivai in Italia -  spiega Jamal a La Tribuna - non bisognava nemmeno chiederlo il lavoro. Venivano a prenderti a casa, e spesso dovevi rifiutare perché aveva troppe offerte. Oggi - osserva sconsolato - è cambiato tutto”.