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Cronaca Casier

Disordini alle ex "Serena", restano in cella i capi della rivolta

Il gip Marco Biagetti ha respinto la richiesta dei legali degli immigrati con cui si chiedeva la revoca o la mitigazione della misura della custodia cautelare in carcere. Sono tutti accusati di sequestro di persona, devastazione e saccheggio

Restano dietro alle sbarre i quattro profughi arrestati nei giorni scorsi al centro di accoglienza delle ex Caserme Serena di Dosson. Il gip Marco Biagetti ha infatti respinto la richiesta dei legali degli immigrati, gli avvocati Barnaba Battistella, Roberto Uliana, Marco De Boni e Gianluca Longo, con cui si chiedeva la revoca o la mitigazione della misura della custodia cautelare in carcere.

I quattro richiedenti asilo, Amadou Toure, gambiano di 26 anni, Mohammed Traore, maliano di 25 anni, Chaka Outtara , ivoriano di 23 anni e d Abdourahmane Signate, 31enne senegalese, il 12 giugno scorso avevano impedito ai 13 operatori di uscire dalla guardiola dove avevano cercato riparo dopo le escandescenze dei rivoltosi. Alcuni sanitari erano stati scaraventati a terra. Le indagini, condotte dal pubblico ministero Anna Andreatta, avevano disposto la custodia cautelare per quattro richiedenti asilo, sui quali ora pende l'accusa di sequestro di persona, devastazione e saccheggio in concorso. Al 25enne gambiano  l'ordinanza era stata notificata direttamente in carcere: il primo agosto era stato infatti arrestato, in flagranza di reato, dopo aver devastato l'infermeria dell'ex Serena e aver aggredito tre sanitari.

«L'istanza - scrive il gip - non pouò essere accolta atteso che dall'applicazione delle misure non sono intervenute modifiche del quadro indiziario che avevano giustificato l'applicazione della stessa». «Il comportamento processuale degli imputati - prosegue Biagetti - non fa emergere elementi che possano fornire adeguate garanzie circa il rischio di reiterazione delle condotte criminose. Pur preso atto dello stato attuale di incensuratezza i fatti contestati appaiono di eleveta gravità, anche in relazione allo stato di emergenza sanitaria nel contesto del quale sono state poste in essere le condotte e nel contempo non sono stati forniti elementi concreti e rassicuranti circa l'attuale posizione lavorativa e abitativa». «Hanno dimostrato - conclude il giudice dell'udienza preliminare - scarsissima propensione al rispetto delle regole nonostante la loro situazione e le protezioni e gli aiuti prestati per la permanenza e la regolarizzazione all'interno dello Stato e della comunità».

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