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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Fiumi di denaro sporco nel patto criminale tra il Nordest e la Cina

Cinque arresti e sequestri per 66 milioni. L'operazione "Via della seta" è stata condotta dalla Guardia di Finanza di Pordenone e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Trieste. Tre arrestati sono di San Vito al Tagliamento, 58 gli indagati in totale. Scoperta una frode di oltre 300 milioni di euro. Trasferiti in Cina 150 milioni di euro provenienti dal traffico illecito di rifiuti

Un fiume di soldi sporchi gestito sull’asse Italia-Cina è stato prosciugato dalla Guardia di Finanza di Pordenone grazie a “Via della seta”, maxinchiesta coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Trieste sul traffico illecito di rifiuti, riciclaggio e frode fiscale e conclusasi nella mattinata di oggi, 16 giugno, con cinque arresti, 53 indagati e al sequestro di beni per 66 milioni di euro. Nell'operazione i militari hanno scoperto l'emissione di quasi 310 milioni di euro di fatture false e di 150 milioni di euro trasferiti, dall'Italia attraverso società fasulle dell'est Europa, nelle banche del Dragone. «Traffico inedito con doppio giro di nero, una cosa sconvolgente»: così il procuratore distrettuale antimafia Antonio De Nicolo. 

L'indagine: tre arrestati sono di San Vito al Tagliamento

Nata da alcune segnalazioni pervenute ai finanzieri dall’organo centrale più di due anni fa, la complessa operazione riguarda principalmente il territorio del Friuli Venezia Giulia e il vicino Veneto nell'arco temporale che va dal 2013 fino ad oggi. Tre dei cinque arrestati sono nativi di San Vito al Tagliamento e sempre con riferimento al Friuli, risultano essere tre le società coinvolte (rispettivamente a Udine, Gorizia e Pordenone). Sei le persone finite sotto indagine (quattro a Pordenone e due tra Gorizia e Udine), mentre da Treviso fino a Verona sono oltre 40 gli indagati (21 nella Marca) e ben dieci le società nel mirino della magistratura, tra cui 4 trevigiane. Su oltre 300 milioni di euro di frode complessivi, circa il 30 per cento è stato scoperto in Friuli (con 80 milioni di euro di frode solo nella provincia di Pordenone).

L'asse Italia-Est Europa-Cina

L’attività criminosa viaggiava sul binario Italia-Cina, anche in virtù di società create ad hoc (e totalmente fittizie ndr) operanti in Repubblica Ceca e Slovenia capaci di mettere in atto una triangolazione finanziaria agevolata da particolari ramificazioni. “Via della seta” è riuscita, grazie ad intercettazioni telefoniche, utilizzo di telecamere e di strumenti tecnologici all’avanguardia, ad accertare come nella frode fossero coinvolti due “gruppi indipendenti” messi in contatto, l’uno con l’altro, dai rispettivi vertici. Dopo la commercializzazione di rottami metallici attraverso “fittizie operazioni di acquisto di materiale ferroso all’estero” ed il coinvolgimento di “terze aziende manifatturiere” abili ad “operare la vendita di scarti a nero”, veniva prodotto un enorme quantitativo di denaro destinato alle stesse società “cartiere” tra la Repubblica Ceca e Lubiana. Da lì partivano quindi ingenti bonifici verso conti correnti cinesi (riciclaggio) dove la causale assumeva il significato di inesistenti “importazioni” in Europa dall’Asia. Una volta arrivati in Cina, i soldi “smaltiti” dagli italiani venivano compensati agli italiani dall’organizzazione criminale cinese, attraverso la consegna di buste di plastica “presso noti centri commerciali all’ingrosso cinesi di Padova e Milano”. Così facendo, veniva aggirata la normativa antiriciclaggio e, contestualmente, il sodalizio italiano entrava in possesso di quella liquidità necessaria “per retrocedere i pagamenti per le fatture fittizie”. 

Il procuratore De Nicolo: "Implementare l'organico della DDA"

Un modus operandi che ha sorpreso gli stessi finanzieri e che il procuratore Antonio De Nicolo ha inquadrato all’interno di una situazione ben più ampia. Ricordando la posizione strategica del Fvg e la necessità di implementare l’organico della Direzione Distrettuale Antimafia (coinvolta in questo caso perché il traffico illecito di rifiuti è materia di competenza della stessa DDA ndr), De Nicolo ha gettato acqua sul fuoco sui “facili entusiasmi” successivi alla conclusione dell’indagine “Via della seta”. «Il processo si deve ancora fare – così il numero uno della magistratura triestina – e dobbiamo ancora capire come si muoverà la difesa ma gli elementi che abbiamo a disposizione sono notevoli».

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Soldi in Svizzera? 

I “piedi di piombo” utilizzati da De Nicolo confermerebbero la particolare gravità della situazione a carico degli indagati e potrebbero ampliare il campo d’indagine. Tre dei cinque arrestati avevano spostato la residenza in Svizzera e, dal 2013 fino ad oggi, la possibilità che abbiano “nascosto” ulteriori proventi illeciti nelle banche elvetiche non sarebbe, secondo gli investigatori, così remota. Per avere il quadro più completo basti pensare che i camion sui quali viaggiavano i rifiuti metallici sono stati ben 7000 (per un dato pari a circa 150 mila tonnellate ndr) ed una sessantina gli immobili posti sotto sequestro.Tra le province coinvolte anche Brescia, Belluno, Padova, Treviso, Venezia, Veronia, Parma, Torino e Vicenza. Un giro d’affari apparentemente “normale” ma che nascondeva (sarebbe meglio usare il presente ndr) riciclaggio, traffico di rifiuti e frodi fiscali tra l’Italia e la Cina. 

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