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Giovedì, 28 Marzo 2024

Associazione a delinquere e usura, un arresto anche nella Marca

Un 43enne foggiano, residente a Volpago del Montello, dove si era trasferito per motivi di lavoro da qualche tempo, si trova agli arresti domiciliari. E' tra le otto persone arrestate nell'ambito di un'indagine della Guardia di Finanza che ha coinvolti personaggi di spicco della cosca “Società Foggiana”

C'è anche un 43enne foggiano, A.M., residente nella Marca dalla scorsa estate e attualmente dipendente di un'azienda di Giavera del Montello, tra le otto persone raggiunte ieri, 14 marzo, da un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del tribunale dell'Aquila nei confronti di un gruppo, tutti membri di spicco della cosca “Società Foggiana” che devono rispondere di associazione per delinquere di tipo mafioso e usura, per fatti avvenuti tra Foggia e Pescara. L'uomo si trova attualmente agli arresti domiciliari.

Undici misure cautelari emesse

Undici in tutto le misure cautelari personali, con sequestri di beni per 2 milioni di euro e decine di perquisizioni tra le province di Pescara, Foggia e Grosseto. L'operazione è stata condotta dai militari del Comando Provinciale di Pescara, col supporto del locale Reparto Operativo Aeronavale e la collaborazione delle Fiamme Gialle foggiane, hanno eseguito, lungo l’asse adriatico, i provvedimenti disposti dal giudice. Tra le misure cautelari: 8 arresti, metà in carcere e metà ai domiciliari (tra cui il 43enne trasferito in provincia di Treviso), un obbligo di dimora, due obblighi di firma, oltre a sequestri di due immobili a Pescara e Grosseto, 300.000 euro in contanti, e un vasto paniere di quote di 5 società del pescarese, per un valore complessivo di 2 milioni di euro, sottratti alla disponibilità del sodalizio criminale.

L'intervento della Guardia di Finanza

I clan ramificati nel pescarese, imprenditori nel mirino

L’operazione è stata condotta dai militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Pescara nell’ambito delle indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo della Procura della Repubblica di L’Aquila. Le investigazioni, i pedinamenti e le intercettazioni telefoniche ed ambientali di oltre 700.000 conversazioni, hanno svelato i rami del business del clan “Moretti – Lanza – Pellegrino” nel pescarese: usura, estorsione, ricettazione ed intestazione fittizia di beni. Un giro d’affari milionario che, nel tempo, ha consentito alla cosca foggiana di infiltrarsi nel tessuto socio economico del capoluogo adriatico, inquinandone, con il metodo mafioso, la vivace realtà produttiva, tramite sia i traffici illeciti sulle piazze locali, che gli investimenti
nelle attività imprenditoriali di spicco del territorio. Tra queste, anche quella di una nota famiglia di imprenditori pescaresi del settore della ristorazione, vittima di tassi d’interesse fino al 600% al mese. Per un prestito di 100 mila euro, infatti, non potendo onorare il debito, gli imprenditori sono stati costretti a chiudere la partita con gli strozzini, simulando un comodato ad uso gratuito a tempo indeterminato prima, e, un contratto di affitto dopo, dell’appartamento di proprietà nel centro di Pescara, dal valore di 400-500 mila euro.

Bonus covid, imprenditori costretti ad assumere i loro usurai

In molti casi poi, alcuni imprenditori sono stati bersaglio di minacce, aggressioni ed estorsioni; altri hanno dovuto assumere come dipendenti i loro usurai o persone a loro riconducibili. L’impiego, spesso puramente formale, ha permesso a qualcuno di questi la
percezione indebita dei contributi previsti per il sostentamento dell’emergenza Covid, senza andare mai a lavorare.

Teste di legno per controllare più imprese

Le indagini hanno fatto emergere anche l’esistenza di un canale di ricettazione di accessori di lusso, bottino di un ingente furto avvenuto nel foggiano, rivenduto sulla piazza di Pescara da uno degli affiliati al clan. A inquinare ulteriormente l’economia sana del pescarese, anche l’intestazione fittizia di società, attraverso un unico soggetto, sempre pregiudicato. Una “testa di ponte”, che a sua volta ricorreva a terzi prestanome per controllare ben 5 attività imprenditoriali, nel settore automotive, in quello dei prodotti agroalimentari e, addirittura, nella fornitura di contratti di energia elettrica.

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