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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca Mogliano Veneto

Bambino tolto agli affidatari, ecco chi sono i cinque indagati dalla Procura

I nomi sono quelli di i Pasquale Borsellino, 59 anni, chiamato in causa come direttore dell'Uoc Infanzia, Adolescenza, Famiglia e Consultori Distretto Treviso Nord dell'Usl 2, Valerio Favaron, 64 anni, assistente sociale presso il servizio affido dell'Usl2 di Treviso, Chiara Zanella, 40 anni, assistente sociale presso il distretto sociale di Mogliano, Valentina Castelli, 39 anni, psicologa al servizio affido dell'Usl 2 e Anna Marton, 47 anni, psicologa al distretto sociale di Mogliano

Bambino tolto agli affidatari: sono cinque le persone che, alla chiusura delle indagini, risultano finite sotto la lente di ingrandimento della Procura di Treviso. Si tratta di un di un dirigente dell'Usl2, due assistenti sociali e due psicologhe. I nome finiti sul fascicolo, aperto a vario titolo per omessa denuncia, falso ideologico e violenza privata, sono quelli di Pasquale Borsellino. 59 anni, chiamato in causa come direttore dell'Uoc Infanzia, Adolescenza, Famiglia e Consultori Distretto Treviso Nord dell'Usl 2, Valerio Favaron, 64 anni, assistente sociale presso il servizio affido dell'Usl2 di Treviso, Chiara Zanella, 40 anni, assistente sociale presso il distretto sociale di Mogliano, Valentina Castelli, 39 anni, psicologa al servizio affido dell'Usl 2 e Anna Marton, 47 anni, psicologa al distretto sociale di Mogliano.

La storia riguarda un bambino si sette anni, affetto dalla sindrome Adhd, un disordine dello sviluppo neuro psichico caratterizzato da iperattività, impulsività, incapacità a concentrarsi e che si manifesta generalmente prima dei sette anni d'età, che un provvedimento del Tribunale dei minori di Venezia aveva stabilito lasciasse la famiglia - di Mogliano - cui era stato affidato per essere trasferito, mentre era in corso la procedura di addozione, in un comunità del coneglianese. All’origine della vicenda vi sarebbe un documento, redatto dalla suora che è anche la coordinatrice della scuola paritaria di Preganziol frequentata dal bimbo, secondo cui il piccolo sarebbe stato «vittima di violenze e percosse, umiliazioni con docce fredde, come punizione per avere fatto la pipì a letto» e avrebbe avuto i capelli strappati. Il medico dell’azienda sanitaria responsabile del caso aveva detto ai coniugi che «non ci sono più le condizioni perché stia con voi, adesso deve andare in comunità», aggiungendo che si sarebbero dimostrati poco protettivi nei confronti del ragazzino. Inoltre ci sarebbero state tutta una serie di segnalazioni che, nel caso in cui gli affidatari si fossero opposti al provvedimento, l’Usl si sarebbe vista costretta a "tirare fuori", mandando le carte in tribunale. 

Però nel decreto dei giudici non ci sarebbe il minimo accenno del rapporto di 22 pagine della suora. Proprio su quel "dossier" s'è concentrata l'azione della procura che contesta a Borsellino, Favaron e Castelli l'accusa di "omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale" per non aver trasmesso in procura la relazione della suora nella quale i genitori affidatari venivano accusati di pesanti maltrattamenti nei confronti del piccolo. All'assistente sociale Favaron e alla psicologa Castelli viene contestata inoltre l'accusa di falso ideologico perché avrebbero sottoscritto una relazione trasmessa al tribunale dei minori di Venezia, a inizio giugno dell'anno scorso, nella quale attestavano che la coppia affidataria, pur non condividendo il progetto, s'era resa disponibile ad accompagnare il piccolo e a partecipare al suo inserimento nella nuova comunità.

La violenza privata infine si riferisce al fatto che i cinque indagati avrebbero obbligato la coppia affidataria a visitare il bambino, mentre si trovava in Comunità, in ambiente neutro o al colloquio in forma protetta. Secondo il provvedimento del tribunale dei minori, invece, i colloqui in forma protetta o in ambiente neutro si riferivano espressamente ai genitori naturali dei minori e non alla coppia. 

Gli affidatari, nei giorni scorsi, hanno denunciato  anche la presidente del Tribunale di Minori, la dottoressa Maria Teresa Rossi. Il reato ipotizzato è quello di diffamazione in relazione alle sue affermazioni durante la audizione presso la commissione parlamentare affidi. 

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