Decine di video pedo pornografici nel pc, condannato a 8 mesi
All'interno del computer dell'uomo trovate immagini scaricate dalla rete in cui attrici giovanissime ingaggiano rapporti con uomini maturi
Otto mesi di reclusione, con sospesione della pena, per detenzione di materiale pedopornografico ma assolto dall'accusa di averlo diffuso. Questa la condanna a E.G., un 45enne manager d'azienda di Montebelluna inflitta oggi dal Tribunale di Treviso in composizione collegiale.
In realtà l'uomo era stato indagato per diffamazione sui social network ai danni di una donna con cui in passato avrebbe avuto anche una relazione. Ma dentro al computer che utilizzava in ufficio e a casa e che è stato sequestrato gli inquirenti hanno trovato le tracce di scarico e diffusione di materiale pedopornografico: decine di file e immagini che ritrarrebbero minorenni intente a compiere o subire atti sessuali. In un lampo la posizione si è fatta ancora più grave. L'uomo, difeso dall'avvocato Andrea Zambon, è stato rinviato a giudizio con l'accusa di detenzione e diffusione di materiale pedopornografico. La vicenda risale al febbraio del 2016 quando E.G. viene identificato come l'autore di una serie di diffamazioni sul web ai danni di una donna di Caerano, con cui l'uomo in passato aveva stretto una relazione andata in frantumi. Quando partono le indagini si arriva alla perquisizione in casa dell'uomo e al sequestro delle apparecchiature elettroniche, smartphone e computer portatili, con cui il manager avrebbe postato i suoi attacchi alla ex. Gli inquirenti nel disco fisso del pc del 45enne trovano materiale di natura pedopornografica: immagini e video scaricati dalla rete in cui attrici giovanissime ingaggiano rapporti con uomini maturi. Il materiale, secondo le indagini, non è frutto di navigazione occasionale, ma sarebbe arrivato sull'hard disk di E.G. come file torrent. Per l'accusa il 45enne sapevo insomma quello che stava cercando e lo scaricava da siti specializzati nel soddisfare chi ama perversioni estreme.
Da un primo esame risulta anche che quel materiale, dopo essere stato memorizzato nel disco fisso dell'imputato, abbia ripreso a viaggiare nel world wide web attraversa una serie di upload. Tesi che è stata contestata, con successo, dalla difesa che ha puntato a sostenere che si tratti invece dell'effetto del funzionamento del software attraverso cui quella pornografia è finita nel pc. Nel processo per diffamazione sui social network il 45enne è stato precedentemente assolto.