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Domenica, 28 Maggio 2023
Cronaca Montebelluna

Tabaccaio si gioca gli incassi del Lotto, condannato a restituire i soldi

La vicenda si è svolta a Caerano di San Marco nel 2019: l'esercente di 33 anni, residente a Montebelluna, sarebbe stato "malato di gioco" ma per i giudici della Corte dei Conti la sua patologia non sarebbe stata provata

Era "ludopatico" ma per la Corte dei Conti avrebbe dovuto menzionare ai Monopoli di Stato la sua condizione di "malato di gioco". E malgrado due pareri, uno di un medico, che affermava come fosse "affetto da dipendenza di gioco d’azzardo fin dal 2012" e una di un consulente psichiatrico, che ricordava come «resosi conto di avere un problema e di non riuscire a controllarsi, si è rivolto al Sert nel novembre 2013», le sue condizioni non erano quelle di una persona incapace di intendere e volere al momento di commettere i fatti. Così M.R., un 33enne di Montebelluna, titolare di un tabacchino con annessa ricevitoria del Lotto a Caerano di San Marco, è stato condannato dalla magistratura contabile a "restituire" gli oltre 140 mila euro relativi ai mancati versamenti delle giocate del lotto effettuate nel suo esercizio commerciale nella settimana che andava dal 28 agosto al 3 di settembre del 2019.

La difesa del 33enne, affidata all'avvocato Torquato Tasso, aveva eccepito, prima della sentenza arrivata nei giorni scorsi, che l'uomo non si sarebbe reso conto di quello che faceva perché gravemente affetto da ludopatia. M.R. non era insomma cosciente di violare gli obblighi di servizio, obbedendo piuttosto ad un impulso irresistibile che lo induceva, anzi lo "costringeva", a giocare a tutti i costi qualunque somma di cui avesse la disponibilità. E in questa condizione non avrebbe voluto l'illecito contestato  essendo spinto soltanto da un immediato bisogno di gioco che lo faceva allontanare sempre di più dalla realtà.

Tasso aveva portato anche delle chat scambiate su Whatsapp con la fidanzata, che però l'accusa non ha ritenuto pienamente attendibili, così come la Procura contabile  aveva espresso anche delle riserve in merito alla perizia psichiatrica. «La circostanza che il 33enne si sia ripetutamente rivolto alle strutture sanitarie sin dal 2013 - è scritto nella motivazione dei giudici -  dimostra che è sempre stato capace di intendere il disvalore della propria condotta. La documentazione allegata alla memoria difensiva di M.R. non prova che la patologia era già stata riscontrata anni prima, in quanto non sono presenti certificati medici o documenti che attestino l’esistenza della ludopatia negli anni precedenti alla vicenda».

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