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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Motta di Livenza

Anziana precipita dalle scale e muore, in casa di riposo gravi lacune sulla sicurezza

La morte di Amelia De Marchi alla "Tomitano e Bocassin" di Motta di Livenza. Indagata per quell'episodio la coordinatrice del personale, una 46enne

MOTTA DI LIVENZA Nessun dubbio che la morte della povera anziana è stata causata da quella rovinosa caduta. Nessuna porta o altro sistema di sicurezza per separare il corridoio del primo piano dal vano scale dov'è precipitata. Nessuno a sorvegliare un'ultranovantenne affetta da demenza senile che aveva più volte sbloccato da sola le ruote della sedia a rotelle. Nessun “addetto ai lavori” ad accompagnare i degenti non autosufficienti dalle loro stanze del primo piano alla mensa: ci pensava un ospite quasi novantenne.

Sono emerse carenze strutturali e organizzative gravissime nella casa di riposo “Tomitano e Boccassin”, di Motta di Livenza dalle indagini disposte dal Sostituto Procuratore di Treviso, dott.ssa Maria Grazia De Donà, nell'ambito del procedimento per omicidio colposo per la morte di Amelia De Marchi, 94 anni, originaria di Gorgo al Monticano, avvenuta il 10 agosto, due giorni dopo essere caduta con la carrozzina da una rampa di scale della struttura, di cui era ospite dal 2005: i suoi familiari, per fare piena luce sui fatti e per ottenere giustizia, attraverso il consulente personale Riccardo Vizzi, si sono rivolti a Studio 3A, la società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità civili e penali, a tutela dei diritti dei cittadini.

A ricostruire nei dettagli le modalità e le cause del decesso è l'appena depositata relazione del dott. Alberto Furlanetto, il medico legale incaricato a tal fine dalla Pm titolare del fascicolo, che vede (per ora) come unica iscritta nel registro degli indagati S. D., 46 anni, di Motta di Livenza, coordinatrice del personale. Il professionista, oltre ad aver effettuato l'esame autoptico sulla salma dell'anziana, ha potuto analizzare anche la cartella clinica e tutta la documentazione medica della paziente, subito acquisita dalla Procura, nonché il prezioso rapporto dei carabinieri della stazione di Motta di Livenza.

De Marchi Amelia-3

Innanzitutto, il consulente ha sgomberato il campo da qualsiasi dubbio sulla causa della morte. Il decesso di Amelia De Marchi, avvenuto all'ospedale di Oderzo dov'era stata trasportata dopo la caduta, è stato dovuto a “insufficienza cardiorespiratoria acuta terminale in politrauma cranio-facciale con emorragia cerebrale frontale subaracnoidea e parenchimale conseguente a caduta accidentale. Sussiste il nesso causale tra l'incidente e il decesso. Nel determinismo causale non sono intervenuti altri fattori rispetto alla caduta”. Pur con tutte le problematiche legate all'età e alla demenza avanzata da cui era affetta, è stato anche appurato, attraverso il medico di medicina generale in servizio presso la casa di riposo che l'aveva in cura, che la donna godeva di condizioni di salute buone prima del fatto.

Ma le conclusioni che colpiscono di più sono quelle relative alle modalità dell'incidente, ricostruite dai carabinieri di Motta di Livenza nel corso di due diversi sopralluoghi alla “Tomitano e Boccassin” effettuati il giorno del decesso e l'indomani, 11 agosto: ad avvisare la Tenenza di Oderzo dell'aggravarsi delle condizioni della 94enne e del successivo decesso, nel pomeriggio del 10 agosto, è stato peraltro il Pronto Soccorso dell'ospedale, dov'era entrata alle 7.55 dell'8 agosto. Dalla casa di riposo nessuna comunicazione.

La De Marchi, che era collocata nella parte della casa di riposo denominata “Nucleo Livenza” e che aveva la sua stanza al primo piano, come tutte le mattine alle 6 era stata preparata, vestita e messa sulla sua sedia a rotelle dal personale: quel giorno nel turno 6-13 erano in servizio sei operatori e un'infermiera. Una volta preparati tutti gli ospiti (43 in totale quelli del primo piano), è cominciato l'afflusso al piano terra per la colazione attraverso l'unico ascensore posizionato accanto alla rampa di scale che collega i due piani. E qui è emersa la prima, pesante carenza. Gli ospiti, infatti, vengono sistemati davanti al montacarichi in attesa del loro turno per scendere, “alle adiacenze del pianerottolo che fa parte della rampa di scale (…) e dove non è presente alcun sistema di sicurezza per impedire l'accesso accidentale alle scale da parte degli ospiti in sedia a rotelle o altri dispositivi di ritenuta”. Fino al 2006-2007 c'era una porta in vetro che divideva la corsia dal vano scale, ma è stato riferito ai carabinieri che è stata rimossa per motivi di sicurezza antincendio (!), senza peraltro sostituirla con un altro sistema di protezione. Per inciso, i militari nel loro sopralluogo hanno concentrato l'attenzione anche sull'altra rampa di scale presente a metà corridoio, “con installato un dispositivo di ritenuta a spinta sulla barra posta orizzontalmente rispetto al pavimento che si apre con una minima resistenza”. Per ammissione dello stesso direttore tecnico della struttura, “tale dispositivo è a norma antincendio, ma anche questo non garantiva la sicurezza agli ospiti che transitano lungo la corsia con carrozzine o stampelle, che potevano aprirlo semplicemente poggiandosi sopra”.

L'unica accortezza da parte degli operatori per scongiurare cadute accidentali degli anziani “parcheggiati” accanto all'ascensore era quella di inserire il blocco manuale alle ruote delle carrozzine. Peccato però che, come riferito dalle testimonianze di altri ospiti, la De Marchi avesse già più volte sbloccato da sola i freni della sua sedia a rotelle, pericolosa circostanza di cui gli operatori erano perfettamente a conoscenza. Del resto, è il suo stesso medico a confermare come “la donna non era in grado di gestirsi in nessun caso, anche se era in grado in alcune circostanze di far girare le ruote della carrozzina per brevi spostamenti”. Esattamente quello che è successo, come ha riferito agli inquirenti anche la sua compagna di stanza. La 94enne avrebbe cioè sbloccato da sola le ruote della carrozzina e si sarebbe spinta fino al limite della rampa, precipitando di sotto e rotolando per una decina di gradini con la sedia a rotelle, fino al pianerottolo inferiore. “Una ricostruzione – conferma il dott. Furlanetto – compatibile con le condizioni cliniche della paziente, che viene descritta come affetta da demenza avanzata e da una displasia bilaterale alle anche che non le consentiva di deambulare autonomamente, ma che non le impediva di sbloccare la carrozzina e percorrere brevi tratti in corridoio spingendosi autonomamente”.

Ma chi c'era a controllarla? Ed ecco la seconda, gravissima lacuna: nessuno. “La mattina dell'incidente, gli operatori sanitari durante le operazioni di posteggio e discesa ospiti tramite montacarichi, come veniva effettuato di consuetudine, per poter preparare altri ospiti, lasciavano in attesa sul vano accanto alla rampa di scale la signora De Marchi Amelia, sulla sedia a rotelle e senza sorveglianza, unitamente ad altri ospiti in condizioni di salute similari alle sue” scrivono nel loro rapporto i carabinieri, che peraltro hanno avuto modo di rendersi conto di persona della situazione durante il sopralluogo, imbattendosi in una 92enne in carrozzina che “deambulava da sola senza nessun operatore al seguito sul citato piano, in evidente stato confusionale con lamenti continui e alterazioni visive che non sapeva dove stesse andando”.

Ma nel corso delle indagini è emerso un ulteriore elemento che ha dell'incredibile. Il compito di fare la spola in ascensore per portare giù gli anziani dal primo piano veniva affidato non a un operatore, ma a ad un ospite alla soglia dei 90 anni, che si trovava nella struttura da circa vent'anni e che si prestava a fare dei “lavoretti”. “Questi ha riferito che ormai da diversi anni la mattina è sempre lui che in genere porta gli ospiti in sedia a rotelle dal piano primo al piano terra presso la mensa - scrivono i carabinieri -: tale lavoro lo svolge di sua spontanea volontà per rendersi utile e dare una mano alle operatrici e nessuno gli ha mai negato di farlo”. Di più, l'operatrice che quel giorno aveva detto all'anziano in questione di portare giù la signora De Marchi e altre ospiti ha aggiunto che “era persona autorizzata dall'Amministrazione della Casa di Riposo a portare le ospiti in sedia a rotelle dal primo piano al piano terra in mensa”, smentendo il Direttore della struttura, che invece ha dichiarato di non esserne mai stato a conoscenza prima dell'incidente e che non esisteva alcun tipo di autorizzazione in merito “essendo un'attività che non poteva essere delegata a terzi estranei non addetti ai lavori”. Sta di fatto che quella mattina il volenteroso vecchietto “operatore fai da te” si è trovato tre ospiti in carrozzina nel corridoio pronte e in attesa di essere accompagnate in mensa: ha preso in consegna le prime due e le ha portate giù in ascensore, lasciando lì la terza della fila, la De Marchi, per passarla a prendere nel “giro successivo”. Ma quando è risalito, si è imbattuto nelle operatrici che stavano prestando soccorso all'anziana, che nel frattempo era precipitata giù per le scale.

“La dinamica dei fatti permette di rilevare gravi carenze strutturali, costituite dalla mancanza di adeguate protezioni atte a prevenire cadute accidentali, e organizzative: non risultano infatti adeguatamente definiti i compiti degli operatori sanitari, le singole responsabilità nonché il loro coordinamento” conclude il dott. Furlanetto. Conclusioni pesanti come un macigno, che sconfessano le giustificazioni date dopo la tragedia dal presidente del Cda della “Tomitano e Boccassin”, Michelangelo Villalta, che aveva parlato di “fatalità” e aveva pure sostenuto che la sua struttura rispettava tutti gli standard e forniva un servizio di qualità. Ma le impietose risultanze della consulenza tecnica dovrebbero consigliare un'attenta riflessione anche al dott. Roberto Volpe, Presidente dell'Uripa, Unione Regionale delle Istituzioni e Iniziative Pubbliche e Private di Assistenza agli Anziani del Veneto, il quale a fine agosto aveva inviato una lettera offensiva e al limite dell'intimidatorio a Studio 3A, “reo” di aver denunciato il caso e “screditato” il sistema delle strutture per la terza età del Veneto, spedendola per conoscenza anche all'assessore alle Politiche Sociali della Regione, Onorevole Manuela Lanzarin, al segretario regionale alla Sanità e ai Servizi sociali, dott. Domenico Mantoan, e alla Dirigente regionale della sezione Servizi sociali, dott.ssa Antonella Pinzauti.

“Quanto dichiarato allora lo riaffermiamo oggi con ancor più forza, alla luce del puntuale lavoro svolto dagli inquirenti e dal medico legale – spiega il Presidente di Studio 3A, dott. Ermes Trovò – Non abbiamo alcuna intenzione di generalizzare: restiamo convinti che la maggior parte delle strutture per la terza età del Veneto, che rappresenta un'eccellenza sul piano socio-sanitario, e il loro personale operino con serietà, professionalità e coscienza, fornendo un servizio di alta qualità. Ma proprio per questo non si può permettere che l'intero sistema di assistenza agli anziani venga messo in discussione da quelle strutture che invece si distinguono per le lacune, le negligenze, la trascuratezza, che poi finiscono per causare morti assurde come quella della signora De Marchi. Qui stiamo parlando di pazienti molto avanti con gli anni, non autosufficienti, che hanno bisogno di un'assistenza continua e di un'attenzione scrupolosa. Non mettere porte o altri dispositivi di protezione davanti a una rampa di scale, lasciare pazienti ultranovantenni incustoditi e liberi di girare per i corridoi e “scaricarli” a un altro ospite coetaneo, come fosse un operatore abilitato, è inammissibile. I responsabili della “Tomitano e Boccassin” dovranno risponderne e noi faremo di tutto perché le loro responsabilità vengano riconosciute fino in fondo, e perché i familiari di Amelia De Marchi ottengano giustizia. Ma ribadiamo, sul piano più generale, anche la necessità che autorità ed Enti preposti non facciano finta di nulla ma abbiano il coraggio, l'onestà e la prontezza, oltre che di vigilare, di intervenire con forza e con il pugno di ferro in casi come questo, che non sono molti ma neanche pochissimi, per dare un segnale chiaro che la cura e la sicurezza dei nostri anziani è una priorità e che non saranno tollerate situazioni come quella di Motta di Livenza”.

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