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Cronaca Pieve di Soligo

Accoltella al collo l'amico, il medico dell'ospedale: «I fendenti non erano in grado di uccidere»

Oggi 18 maggio si è svolta l'udienza del processo a Marco Szabolcs Viezzer, il 19enne che il 4 ottobre dello scorso anno colpì al collo, con un coltello, l'amico e coetaneo Adriano Zara. Secondo i sanitari che hanno redatto il referto sulle ferito rimediate dalla vittima i colpi non potevano essere letali

«I fendenti non erano in grado di uccidere». Lo ha detto oggi 18 maggio la dottoressa che, la sera del 4 ottobre del 2022, firmò il referto medico di Adriano Zara, il giovane di 19 anni accoltellato al collo dall'amico e coetaneo Marco Szabolcs Viezzer, finito a processo per tentato omicidio. Nel corso dell'udienza odierna il medico ha sostenuto che la lama, penetrata due volte tra la nuca e il trapezio, prima orizzontalmente e poi verticalmente (la ferita più profonda era di otto centimetri e ha causato alla vittima lo scheggiamento di una vertebra) non era potenzialmente letale per l'inclinazione con cui era affondata. Infatti non ha raggiunto parti vitali di Zara. Questo ha offerto il destro al difensore, l'avvocato Marco Furlan, per sostenere che i fatti siano da riqualificare in lesioni personali gravissime e aggravate dall'uso di un'arma.

Il fatto era avvenuto in borgo Stolfi a Pieve di Soligo. Nel corso dell'interrogatorio di garanzia, svoltosi due giorni dopo, Viezzer aveva dichiarato che l'accoltellamento era avvenuto per sbaglio. «Quella sera - aveva raccontato nel corso di dichiarazioni spontanee - io e il mio amico stavamo scappando dai miei genitori, che volevano rientrassi a casa e nella concitazione della fuga l'ho colpito, complice l'effetto dell'alcol che avevamo bevuto insieme». Una versione che però stride non soltanto con la telefonata che quella sera Marco ha fatto ai carabinieri - secondo cui avrebbe detto, in maniera poco lucida, di aver ucciso due persone e di essere pronto a rifarlo - ma soprattutto con il racconto che di quei momenti ha fatto Adriano Zara, che oggi ha deposto in aula.

«Avevamo trascorso il pomeriggio insieme - ha spiegato alla corte il 19enne- e poi alla sera ci siamo ritrovati per bere qualcosa. Eravamo entrambi un po' su di giri in quanto c'era stata una telefonata con il ragazzo della sorella di Viezzer, che sembrava l'avesse maltrattata. Intorno alle 11,30 siamo usciti dal locale e lui ha visto il padre e la madre in piazza; dal momento che non voleva farsi trovare, gli ho suggerito una sorta di "scappatoia" dietro a delle recinzioni. Poco dopo ha detto che voleva fermarsi ed è andato fare i suoi bisogni mentre io ho mandato un messaggio a mio cugino, dicendogli che la situazione che si era creata non mi piaceva e sarei andato a casa. E' a quel punto che sono stato colpito. I ricordi di quegli attimi non sono lucidi ma sono sicuro che Marco, dopo essersi allontanato, è tornato sui suoi passi e mi ha guardato dritto negli occhi. Sono convinto che lo ha fatto per vedere se ero ancora vivo».

Il ragazzo racconta di essersi mosso dal punto dell'aggressione e di avere incontrato anche il padre di Vizzier, che lo aveva affrontato con parole dure. "Dimmi dove è mio figlio o ti denuncio" avrebbe detto il papà dell'imputato. «Negli anni - spiega ancora Adriano - i genitori di Marco non hanno mai visto di buon occhio la nostra amicizia. Ma io non ho ancora capito perché sono stato accoltellato». I test tossicologici, condotti su entrambi i giovani, diranno che erano tutti e due abbondantemente ubriachi. «L'alcol - spiega ancora l'avvocato Furlan - ha avuto un effetto nefasto sul mio assistito, che era peraltro già alle prese con problemi psicologici».

Il 19enne ha alle spalle in un passato turbolento e qualche guaio con la giustizia (come del resto l'amico che ha ferito), fatto anche di incomprensioni con la famiglia - che lo ha adottato da piccolo - e persino di aggressioni ai danni del padre, a cui una volta avrebbe rubato la carta di credito. E' stato anche in una comunità per persone con problemi di tossicodipendenza e, soprattutto, ha un figlio piccolo, avuto nel corso di una relazione (che sarebbe terminata) con una ragazza coetanea. Si torna in aula il 22 giugno per sentire i consulenti della difesa.

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