rotate-mobile
Sabato, 2 Dicembre 2023
Cronaca Pieve di Soligo / Via Gaetano Schiratti

Delitto di Pieve di Soligo, i familiari dicono "no" ad un incontro con il killer

Mohamed Boumarouan, l'assassino reo confesso di Adriano Armelin, l'anziano ucciso il 25 marzo del 2022 nella sua abitazione in via Schiratti, aveva chiesto di accedere al programma di "giustizia riparativa". Ma il figlio del 83enne oggi ha riposto con un secco diniego. «Le scuse - ha detto - non potranno mai cancellare quello che ha fatto. Non ci sono giustificazioni per la morte di mio padre avvenuta in modo tanto tragico e assurdo. Le sentenza che gli verrà inflitta dal tribunale quell'uomo la dovrà scontare tutta e per intero».

«Se incontrarlo significherà uno sconto di pena allora la mia, anzi la nostra risposta è no». Marco Armelin, uno dei due figli di Adriano, l'83enne di Pieve di Soligo trucidato all'interno della sua casa di via Schiratti, risponde così a Umberto Donà, presidente della Corte d'Assise di Treviso chiamata a giudicare il barbaro assassinio dell'anziano avvenuto il 25 marzo del 2025. Il giudice gli aveva chiesto se fosse disponibile ad un incontro richiesto dell'assassino, il 36enne marocchino Mohamed Boumarouan, nel quadro del programma previsto dall'istituto della "giustizia riparativa" introdotto dalla riforma Cartabia a cui il 36enne aveva chiesto di accedere. «Le scuse - spiega Marco - non potranno mai cancellare quello che ha fatto. Non ci sono giustificazioni per la morte di mio padre avvenuta in modo tanto tragico e assurdo. Le sentenza che gli verrà inflitta dal tribunale quell'uomo la dovrà scontare tutta e per intero».

Marco Armelin ha deposto nell'udienza di oggi, 20 novembre, nel processo in cui il 36enne deve rispondere di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà e dalla volontà di compiere una rapina. Boumarouan aveva chiesto, attraverso il suo legale, l'avvocato Filippo Viggiano, di poter accedere al percorso della cosiddetta "giustizia riparativa" e in particolare di poter incontrare i parenti della sua vittima. «Sono dispiaciuto e pentito. Vorrei incontrare i parenti di Adriano per dire loro quanto mi dispiace che sia finita così» aveva detto il marocchino. Ma dalla famiglia di Armelin, trucidato a botte e lasciato agonizzante ai piedi delle scale della sua abitazione, è arrivata una risposta netta e secca. La Corte si è riservata la decisione sulla trasmissione della richiesta alla commissione che dovrà valutarla; ma anche se non incontrerà i congiunti di Adriano il killer, che quel giorno avrebbe agito sotto l'effetto dell'alcol - il test che gli è stato fatto circa tre ore dopo i fatti aveva mostrato il livello di 1,05 - e dell'assunzione di cocaina, potrebbe comunque frequentare il programma che prevede oltre alle scuse formali anche l'impegno a comportamenti pubblici e rivolti alla società di carattere “riparatorio” e l'adoperarsi per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato evitando così che lo stesso sia portato a conseguenze ulteriori. Ma in questo caso lo sconto di pena di cui il 36enne avrebbe potuto beneficiare ( fino alla concorrenza di un terzo della pena complessiva) potrebbe essere nettamente inferiore.

Boumarouan era entrato nella casa di Armellin un pomeriggio del marzo di di quasi due anni fa. Tra le 18 alle 19.45 si sarebbe intrufolato nell'ex officina di elettrauto annessa all'abitazione e ora dismessa per frugare nel locale e forse anche all'interno della vecchia Volkswagen Polo, trovata con il baule aperto. I rumori però avrebbero insospettito l'anziano che aveva disceso le scale e sorprendendo il ladro all'ingresso. A questo punto il 36enne il killer avrebbe discusso animatamente con la vittima, che alla fine viene legata mani e piedi con una corda. Poi gli avrebbe sferrato una serie di colpi alla testa, al torace e all'addome. Quelli al capo risulteranno fatali, tanto che il cranio risulterà fracassato. Armelin morirà la mattina seguente in un letto del Ca' Foncello di Treviso.

«Sono arrivato a casa di mio padre - ha detto Marco Armelin - e l'ho trovato in un bagno di sangue tanto che mio fratello non voleva neppure vedere. Il suo corpo era lì, ai piedi delle scale, in una posizione innaturale tanto che ho detto ad Andrea (il fratello, n.d.r.) di andare a prendere dei cuscini. Respirava ancora ma era in stato di totale incoscienza».

Dopo il pestaggio il marocchino avrebbe lasciato l'abitazione e raggiunto a piedi il supermercato, dove avrebbe comperato qualche cosa da mangiare, riuscendo a rubare anche un pacco di surgelati e le scarpe con cui si sarebbe cambiato gli stivaletti che indossava al momento dell'omicidio. Il 36enne a quel punto sarebbe salito al primo piano, dove si presume sia andato a caccia probabilmente di contanti e gioielli, senza riuscire però a portare via niente perché sarebbe stato disturbato dall'arrivo di Andrea, uno dei figli della vittima, accorso in via Schiratti perché il padre non rispondeva al telefono da ore. Alla fine di una rocambolesca fuga dalla terrazza, e poi attraverso la tettoia, viene bloccato dai dei carabinieri che lo arrestano.

Sullo stesso argomento

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Delitto di Pieve di Soligo, i familiari dicono "no" ad un incontro con il killer

TrevisoToday è in caricamento