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Cronaca Silea

Omicidio di Silea, Giovanni Padovan condannato a 15 anni e 4 mesi

Questa la sentenza emessa dal gup Piera De Stefani. Il 92enne la mattina del 19 maggio del 2019  uccise con una fucilata al volto il genero Paolo Tamai a Silea. L'anziano è stato giudicato in abbreviato in quanto senza aggravanti

Quindi anni e quattro mesi di reclusione, con una provisionale a favori dei parenti della vittima di 335 mila euro. Questa la condanna inflitta oggi, martedì 8 settembre. in primo grado dal gup Piera De Stefani a Giovanni Padovan, il 92enne che la mattina del 19 maggio del 2019  ha ucciso con una fucilata al volto il genero Paolo Tamai a Silea. L'anziano è stato giudicato in abbreviato in quanto senza aggravanti. Un dettaglio non da poco che ha aperto la strada alla possibilità che il difensore, l'avvocato Fabio Crea, evitasse all'uomo un possibile ergastolo.

Quello che avvenne nel cortile della casa di Tamai, separato dal giardino dell'abitazione dell'anziano da una rete alta poco più di un metro, fu l'epilogo di una storia decennale di screzi e odio. Al genero Padovan non riconosceva nessuna qualità. Al contrario, spiega la relazione conclusiva della perizia psichiatrica a cui è stato sottoposto su richiesta della Procura lo odiava in maniera distruttiva senza però riuscire a portare alcun motivo concreto e reale per questo disprezzo. «È stata la cosa giusta. Ero sulla porta di casa e lui dalla porta di casa sua mi derideva... ho preso il fucile e gli ho sparato, così è finita» ha raccontato il 92enne, che non è mai stato toccato dal dolore che il suo gesto ha causato alla figlia e ai nipoti.

Secondo lo psichiatra che ha effettuato la perizia, pur all'interno di un funzionamento psichico e cognitivo che potrebbe essere compreso in un disturbo della personalità con idee prevalenti oltre a deficit cognitivi, al momento del fatto Padovan aveva una capacità di intendere e volere scemata ma solo in modo lieve ed è in grado di partecipare al processo. Finito in carcere dopo l'arresto il 92enne ad aprile era stato messo ai domiciliari in una struttura di ricovero per anziani.

Secondo quanto emerge dalle indagini Padovan avrebbe preso la mira prima di sparare al genero, con cui stava avendo una discussione. Ad un certo punto l'uomo sarebbe rientrato in casa per uscirne qualche istante dopo imbracciando il fucile da caccia che deteneva in maniera legale. Si avvicinò alla bassa recinzione facendo partire un colpo con traiettoria dritta; il pallettone raggiunse Tamai al volto, penetrando poco sotto l'occhio destro per conficcarsi poi nella scatola cranica dopo aver provocato lesioni mortali al cervello. La prima ad arrivare sulla scena del delitto fu la moglie del 63enne, figlia di Padovan.

«E' stato accolta - dice l'avvocato difensore Fabio Crea - la richiesta di accogliamento delle attenuanti genriche, il che ha permesso di ridurre la pena rispetto alle richieste del pm di 20 anni di reclusione. Secondo noi c'erano gli elementi per attenuare la responsabilità in quanto a Padovan è stata riconosciuta solo una capacità, al momento di compiere l'atto, livemente scemata. Comunque presenteremo appello». 

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