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Cronaca Oderzo

Violenza sessuale in azienda: caporeparto condannato a due anni di reclusione

Giudicato colpevole un 30enne dominicano di Oderzo, anche se i giudici hanno riqualificato l'accusa in "fatto di lieve entità": vittima un'operaia poco più che ventenne

ODERZO Due episodi distinti di violenza sessuale: un bacio e un rapporto completo. Assolto per la prima ipotesi di reato, un caporeparto 30enne dominicano di Oderzo, detenuto per altra causa, è stato condannato a due anni di reclusione per la seconda, riqualificata dai giudici del tribunale di Treviso in “fatto di lieve entità”.

La difesa, rappresentata dall'avvocato Fabio Crea che ha già annunciato ricorso in appello, sosteneva che non ci sarebbe stato nessuno stupro, nessuna costrizione, ma soltanto un rapporto extraconiugale sfociato in una denuncia per molestie. Vittima degli abusi una sottoposta, dell'imputato, una dipendente della stessa azienda di assemblaggio di autovetture: costituitasi parte civile, ha ottenuto una provvisionale di 10 mila euro a titolo di risarcimento danni.

“Per un mese e mezzo ci siamo mandati fino a 50 sms al giorno. Due giorni prima del fatto ci siamo incontrati, è salita sula mia auto e ci siamo baciati. Poi quel sabato, terminato il lavoro, l'ho aspettata all'interno della fabbrica, lei è tornata indietro dopo essere uscita con gli altri dipendenti e abbiamo fatto sesso. Non c'è stata nessuna violenza”.

Queste le parole del caporeparto, pronunciate nel corso della precedente udienza, sostenendo che la donna non solo sarebbe stata consenziente, ma non si sarebbe nemmeno opposta. L’episodio che ha portato alla condanna risale al 15 novembre del 2014 quando l’uomo, secondo l'accusa, avrebbe convinto la vittima a recarsi in azienda oltre l’orario di lavoro attraverso una richiesta ufficiale di straordinari depositata qualche giorno prima. E proprio lì, nella fabbrica deserta, avrebbe usato violenza nei suoi confronti.

Tornata a casa la presunta vittima, un’operaia poco più che ventenne, aveva raccontato tutto al marito. Una testimonianza tra le lacrime che era stata ripresa dall’uomo con lo smartphone, e che è stata ascoltata in aula. La donna, subito dopo il fatto, aveva denunciato la presunta violenza ai carabinieri. Poi aveva presentato remissione di querela ma per questo tipo di reato si procede d’ufficio.

Il 30enne dal canto suo ha sempre rigettato tutte le accuse, e lo ha ribadito in aula parlando di una scappatella (anche lui ha una compagna). A sostegno di questa tesi c'è anche il fatto che gli accertamenti medici effettuati dalla giovane al Pronto Soccorso non avevano evidenziato alcuna ecchimosi o segno di costrizione.

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