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Cronaca Mogliano Veneto

Duro colpo ai narcos, sequestrate quattro tonnellate di cocaina tra Europa e Colombia

Vasta operazione antidroga effettuata dalla Guardia di Finanza di Trieste e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo regionale. Impiegati anche uomini sotto copertura. Quaranta le persone arrestate, nel mirino anche quattro cittadini albanesi che vivevano a Mogliano Veneto e sono riusciti a fuggire in patria

Tra le prime tre più grandi operazioni antidroga sotto copertura mai portate a termine in tutta Europa. Il Nucleo Polizia Economico Finanziaria della Guardia di finanza di Trieste, con il supporto operativo del Gico e del Goa, ha sequestrato oltre quattro tonnellate di cocaina in una operazione denominata “Geppo” e che ha portato all’esecuzione di 38 misure cautelari tra il continente europeo e la Colombia. L’indagine – coordinata dal procuratore capo Antonio De Nicolo della Direzione Distrettuale Antimafia del Friuli Venezia Giulia e dal pubblico ministero Federico Frezza – ha prosciugato uno dei principali canali di smercio della cocaina colombiana in Italia.

L'operazione "Geppo"

Nata oltre un anno fa grazie ad una segnalazione realtiva all'interesse del Clan del Golfo di individuare un hub sicuro per la cocaina in Italia, l’operazione ha visto impegnati decine di membri delle forze dell’ordine capaci di agire per moltissimo tempo sotto mentite spoglie. Nel capolavoro degli investigatori un ruolo centrale è stato giocato dalla strettissima collaborazione tra investigatori italiani e quelli oltreoceano. Forze di polizia colombiane, ma anche il reparto Antidroga spagnolo, per non dimenticare il Dipartimento di Sicurezza degli Stati Uniti d’America (quando si tratta di cocaina impossibile non immaginare la presenza della Dea), tutti hanno lavorato per «togliere veleno dalla strada” e infliggere un duro colpo al traffico di droga internazionale. All’ingrosso la cocaina aveva un valore di 96 milioni di euro mentre la sua rivendita in Europa avrebbe fruttato 240 milioni di euro anche se, come spiegato dal colonnello delle Fiamme gialle Leonardo Erre «saremmo potuti arrivare fino al mezzo miliardo, a seconda della gestione delle diverse organizzazioni». 

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Il business della coca in Europa

Il fascicolo di indagine è composto da circa 5000 pagine. Al suo interno pochissime le intercettazioni telefoniche, conseguenza anche del grandissimo lavoro sotto copertura svolto dagli uomini e donne impegnate. «Dalla Colombia cercavano un hub sicuro per la cocaina e siamo riusciti a far credere che Trieste fosse quello giusto» così il procuratore capo Antonio De Nicolo. «Una volta interamente pagata, per chi l’avrebbe dovuta comprare in Europa la droga sarebbe stata imbarcata sulle navi e portata qui. In Italia, ci siamo posti come terziari, senza però sapere chi fossero gli acquirenti”. È proprio grazie a questo passaggio che si scopre quanto grande è il business della coca a livello europeo e quali le sue ramificazioni. Gli investigatori fingono così di aprire magazzini, creano società fittizie, producono documenti falsi e inventano notizie di sequestri (Bagnaria Arsa e Aiello del Friuli su tutti, ma anche i 600 chilogrammi a Monterotondo o le centinaia di chilogrammi sequestrati ad Arezzo e in Lombardia). Insomma, a quel punto l’operazione diventa un enorme bluff che punta a far cadere la maschera a chi gestisce le piazze europee.

Veneto, ma anche Lombardia e Lazio

«Mi vedi oggi ma non mi vedrai mai più»: è frase che gli agenti sotto copertura si sentono ripetere più e più volte, da chi compra grossi quantitativi di cocaina (tra loro anche tre broker). Olanda, Croazia, Slovenia, ma anche Bulgaria, il coinvolgimento dell’Albania e la Colombia stessa. In Italia un grosso ruolo lo recita il Veneto, tra le province di Treviso e Verona. A Mogliano Veneto sono almeno quattro le persone (di nazionalità albanese) che vengono raggiunte dalle misure cautelari (anche se attualmente si troverebbero in patria). Nel Veronese invece ci sono almeno due consegne controllate (Verona sud e Peschiera del Garda). La credibilità della finzione viene data, in maniera del tutto involontaria, anche dal governatore del Veneto Luca Zaia che pubblicamente si complimenta con la Polizia Stradale scaligera per il grande colpo messo a segno conto i narcotrafficanti. Anche a Portogruaro (Venezia) viene effettuato un sequestro di circa 60 kg, ma movimenti si registrano anche a Preganziol, a Saronno, come pure a Nepi (Viterbo). In realtà era tutta droga già controllata dai finanzieri triestini e messa sul mercato per scovare i narcos operanti nel Belpaese.  

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"Abbiamo negato, sapendo di mentire"

Tra le persone coinvolte nell’operazione ci sono cittadini di nazionalità italiana residenti in Italia ma anche in Colombia (un calabrese, secondo gli inevstigatori, rappresenterebbe un "pezzo grosso"), un paio di bulgari, tre croati, ma anche persone di nazionalità slovena, tuttavia ancora in libertà. Una delle criticità più importanti, nell'operazione, resta però quella di comprendere il sistema di pagamento usato tra trafficanti. «Usano applicazioni a distruzione automatica – così il colonnello Erre -, impossibili da intercettare, neanche con i trojan, o anche telefoni speciali super criptati”. «Abbiamo negato, sapendo di mentire, creando anche fake news»: ha affermato De Nicolo. Il tutto per riuscire a infliggere uno dei colpi bassi più pesanti che la storia della lotta al narcotraffico italiano ricordi. Insomma, bugie a fin di bene. 

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