Stalkerizza cassiera di un supermarket, ma l'imputato è un malato mentale
L'uomo, un 66enne del capoluogo, salito agli onori delle cronache per aver fatto consegnare in Tribunale, un paio di udienze fa, una pianta alla sua presunta "vittima" da un fiorista, sarebbe affetto, secondo il perito del giudice, da una schizzofrenia paranoide
Schizzofrenia paranoide. E' questa la patologia di cui soffrirebbe il 66enne accusato di stalking nei confronti di una giovane cassiera di un supermercato in zona Fiera, nelle primissima periferia di Treviso. L'uomo, salito agli onori delle cronache perchè aveva fatto recapitare in Tribunale, un paio di udienze fa, una pianta alla sua presunta "vittima" da un fiorista sarebbe stato, al momento di compiere gli atti persecutori, totalmente incapace di intendere e di volere.
Francesco Kirn, lo psichiatra incaricato dal giudice di esaminare lo stalker, ha ricordato oggi, 23 novembre - nel corso della sua deposizione a processo - che la prima diagnosi di disturbo mentale risale addirittura al 1995, data in cui l'uomo di fece ricoverare nel reparto di psichiatria del Ca' Foncello di Treviso. Ora il giudice Iuri De Biasi, che ha aggiornato il processo a dicembre per la discussione, dovrà decidere se arrivare a sentenza o se prosciogliere il 66enne per il quale si ipotizza una misura di sicurezza, come l'obbligo a sottoporsi alle terapie e, in caso contrario, il ricovero in un Rems, ovvero la residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza.
La vicenda in realtà racconta di un 66enne del capoluogo, seguito dai servizi socio-sanitari perché affetto da un grave disturbo bipolare. L'anziano, nel corso del 2021, avrebbe inviato lettere d’amore, scritto frasi sdolcinate e deliranti ma soprattutto avrebbe fatto recapitare fiori, mandati almeno una volta alla settimana, ad una cassiera di un supermercato di 42 anni più giovane. La ragazza, che se lo trovava di fronte anche cinque volte al giorno in fila alla cassa solo per vederla, evidentemente turbata da quel comportamento e soprattutto dai bigliettini che le lasciava e in cui sosteneva che era «sua come una moglie» aveva finito con il farsi accompagnare e venire a prendere al lavoro dal ragazzo o dai familiari.
Poi, nel novembre dello scorso anno, infastidita per l’ennesima volta, aveva avuto la prontezza di spirito non solo di chiamare una volante della polizia ma anche di guadagnare il tempo necessario agli agenti per arrivare. E il molestatore, arrestato in flagranza di reato, era finito agli arresti domiciliari.