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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Profughi ridotti a schiavi nei campi: due caporali arrestati nella Marca

Indagine coordinata dalla Procura di Verona e conclusa dalla Guardia di Finanza di Legnago. In carcere un 41enne ed un 36enne, residenti a Sernaglia e Pieve di Soligo. Undici in tutto gli indagati per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina

Al termine di una complessa indagine di polizia giudiziaria militari della Guardia di Finanza di Verona, hanno dato esecuzione, tra le province di Verona, Treviso e Udine, a quattro misure cautelari personali disposte dal G.I.P. del Tribunale di Verona (dr. Raffaele Ferraro). In totale undici persone coinvolte (tre italiani e otto di nazionalità  marocchina), e denunciate alla Procura della Repubblica di Verona per le ipotesi di reato di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina mediante produzione di documentazione fittizia, sfruttamento del lavoro, riciclaggio e auto-riciclaggio dei proventi illeciti così conseguiti. Nella Marca ad essere arrestati un 41enne ed un 36enne, entrambi marocchini e residenti a Sernaglia e Pieve di Soligo: nell'organizzazione avevano il ruolo di caporali a cui spesso si rivolgeva il capo dell'organizzazione e titolare della cooperativa finita al centro delle indagini, un connazionale 28enne, residente a Visco, in provincia di Udine, a sua volta arrestato. La quarta persona arrestata è un 43enne residente a Cologna Veneta (Verona).

Le indagini sono state avviate, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Verona, dalla Compagnia di Legnago a seguito di una capillare analisi dell’operatività delle aziende operanti nel settore della fornitura di manodopera che ha permesso di individuare un indice di anomalia nella gestione di una ditta individuale che risultava aver assunto oltre 300 persone nel periodo 2014-2016 e nel 2017, pur avendo cessato la propria attività, continuava a far figurare l’assunzione di cittadini extracomunitari. Le false assunzioni servivano a favorire la permanenza nel territorio dello Stato dei cittadini extracomunitari che per ottenere la falsa assunzione dovevano sborsare fino a 400 euro, sulla base di un vero e proprio tariffario.

Lo sviluppo delle indagini ha riguardato ulteriori due aziende per un totale di oltre 500 fittizie assunzioni. Sono stati altresì individuati due studi di consulenza del lavoro di Vicenza e Padova che si adoperavano per produrre la documentazione non veritiera (contratti di lavoro, buste paga create ad hoc o artatamente modificate, etc.) utilizzata illecitamente al fine di regolarizzare la propria posizione sul territorio nazionale. Le aziende coinvolte nell’indagine, di fatto, utilizzavano solo una minima parte degli stranieri assunti (circa 50), reclutando per lo svolgimento della propria attività altri clandestini (ben 115, spesso direttamente da un centro di accoglienza di Padova) che, sotto-pagati o talvolta non pagati, venivano impiegati come forza lavoro presso aziende italiane operanti nel settore agricolo e zootecnico, dislocate principalmente nel territorio scaligero ma non solo. I "lavoratori" venivano utilizzati per la raccolta del radicchio o per il caricamento dei tacchini, destinati al macello, sui camion.

Evaso il fisco (frode fiscale) e omesso il versamento ai fini previdenziali ed assistenziali per oltre 1 milione e 200.000 euro. Il sodalizio, guidato dal legale rappresentante di una società fornitrice di manodopera, nei cui confronti è stata eseguita l’ordinanza di misura cautelare (arresti domiciliari), si serviva di «caporali» di origine marocchina, di cui 3 sottoposti alla misura cautelare restrittiva della libertà personale (obbligo di dimora nel Comune di residenza e di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria), che avevano il compito sia di sorvegliare gli stranieri assunti dalle aziende (alloggiati in strutture fatiscenti e in condizioni di degrado), sia di ingaggiare, all’occorrenza, ulteriori stranieri clandestini da impiegare illecitamente nelle proprie attività.

L’entità del danno economico generato nei confronti delle aziende italiane che operano onestamente nel medesimo settore di somministrazione di lavoro è stato ingente, in quanto la totale assenza di costi a carico delle società interessate e il risparmio d’imposta dovuto all’evasione ha permesso di prestare manodopera a prezzi al di fuori di ogni logica di concorrenza, abusando di una posizione dominante sul mercato determinata esclusivamente da condotte delinquenziali. Inoltre, attraverso il contrasto allo sfruttamento della manodopera, al «caporalato» e alle forme di prevaricazione e violenza in danno dei lavoratori si è realizzata, in concreto, la difesa del «lavoro».

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