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Cronaca

Assalti ai bancomat, tutti condannati i componenti della banda

Oggi 8 giugno si sono chiusi gli abbreviati per quattro dei dodici maviventi che tra l'agosto del 2020 e il maggio del 2021 avevano assaltato gli sportali Atm di istituti di credito e postali nelle province di Treviso, Venezia, Rovigo, Pordenone, Udine e Trento. Altri quattro banditi hanno preferito invece patteggiare

Si è concluso oggi 8 giugno con quattro sentenze di condanna in abbreviato e altrettanti patteggiamenti la prima parte del procedimento a carico della banda che, tra l'agosto del 2020 e il maggio 2021, avrebbe messo a segno furti nei confronti di di postazione bancomat di istituti di credito e uffici postali tra le province di Treviso, Venezia, Rovigo, Pordenone, Udine e Trento, utilizzando "marmotte", ovvero esplosivi artigianali che venivano fatti esplodere.

Nicolls Garbin, ritenuto il capo della banda, è stato condannato a 6 anni di reclusione, Michells Cavazza a 5 anni e 1 mese, Stefano Vago a 4 anni e 8 mesi e Devis Cavazza a 4 anni e 6 mesi. Gli avvocati della difesa hanno già preannunciato il ricorso in Appello. Hanno invece chiuso con un patteggiamento (a 2 anni e sette mesi) gli altri quattro finiti davanti al gup Marco Biagetti. Si tratta di  Angelo Garbin, Jimmy Cavazza, Vittorio Spigolon e Ivan Pozzobon. Le posizioni di Michele Cavazza, Oronzo Cavallo, Antonino Ielo e Silvano De Dei sono invece state stralciate e saranno affrontate in una differente udienza. 

Nel marzo di quest'anno i carabinieri di Treviso avevano effettuato gli arresti. I 12, tutti gravitanti intorno all'ambiente dei "giostrai", sono accusati di far parte di una associazione a delinquere dedita ad assalti a bancomat di istituti di credito e postali  del Triveneto, che avrebbero fruttato un bottino di 180 mila euro. Mentre De Bei, Ielo e Cavallo avrebbero ricoperto un ruolo di supporto, concedendo l'uso di garage per nascondere le auto usate per i furti o accompagnavano i membri della "banda" sul posto (per questo erano stati messi all'obbligo di dimora) gli altri otto, finiti in carcere, avevano partecipato attivamente a colpi, compiuti attraverso degli ordigni esplosivi artigianali per far esplodere le casseforti e rubare i soldi all'interno. Dentro le auto utilizzate per i colpi erano stati trovati estintori e disturbatori di frequenze per rendere difficoltose eventuali localizzazioni o l'inseguimento da parte delle forze dell'ordine. Gli inquirenti sospettano che il denaro sia stato reinvestito nell'acquisto di auto e nella ristrutturazione di immobili. 

Sulla base delle nuove norme della Riforma Cartabia c'era tempo fino al 31 marzo per contattare le vittime (che avevano già ottenuto il risarcimento da parte delle rispettive assicurazioni) per far firmare le querele. E qualcuno si è fatto avanti, facendo sì che non tutti i furti e i furti aggravati scomparissero dal capo di imputazione, in cui comunque il reato più grave era l'associazione a delinquere.

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