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Domenica, 3 Dicembre 2023
Cronaca Sant'Ambrogio di Fiera / Vicolo IV Novembre

Omicidio di Fiera, altre quindici persone denunciate

Si tratta di alcuni partecipanti alla furiosa lite che ha portato alla morte di Ragip Kolgeci, kosovaro di 52anni, avvenuta il 12 ottobre scorso. Al momento sono tutti indagati per rissa aggravata ma non si esclude che per qualcuno possa scattare il reato di lesioni personali

Una quindicina di persone sono state identificate e denunciate in seguito ai fatti che, il 12 ottobre scorso, hanno portato all'omicidio di Ragip Kolgeci, kosovaro di 52anni, avvenuti a Treviso, in viale IV Novembre, di fronte al bar "La Musa" di Fiera. E non sarebbero i soli a rischiare di finire sotto la lente di ingrandimento degli investigatori.

Sono tutti indagati per rissa aggravata; ma dal momento che alcuni dei partecipanti alla gazzarra hanno riportato ferite gravi non si esclude che per qualcuno di loro il reato non possa tramutarsi in lesioni personali. Quest'ultima, comunque, è una ipotesi degli inquirenti che dovrà essere suffragata dalle dichiarazioni dei testimoni oculari dell'aggressione al 52enne e soprattutto delle immagini delle videocamere di sicurezza che avrebbero ripreso tutta la scena. Per l'omicidio di Kolgeci sono due le persone attualmente sottoposte ad una misura cautelare in carcere: si tratta di Afrim Manxhuka, 51 anni, kosovaro come la vittima, e al nipote, il 32enne Valmir Gashi. Entrambi si trovano reclusi nel carcere di S. Bona.

Se la dinamica della morte del 52enne è abbastanza chiara - Manxhuka avrebbe "tirato" il colpo di coltello che ha provocato una lesione profonda all'interno coscia della gamba, provocando la rottura dell'arteria femorale, mentre Gashi invece avrebbe impugnato la spranga appuntita con cui l'uomo è stato colpito alla parte posteriore della testa - resta fumoso il movente, su cui ora si stanno concentrando le indagini. Secondo le prime ricostruzioni l'aggressione sarebbe legata ad un debito di 500 euro che il 51enne avrebbe avuto nei confronti del figlio della vittima. Ma questa versione non pare convincere.

«Resta da ricostruire cosa ha spinto a compiere un delitto tanto efferato - spiega il Procuratore di Treviso Marco Martani - e la teoria secondo cui il movente sarebbero stati i soldi appare sproporzionato sia per giustificare quanto è successo sia per fornire un motivo valido che giustifichi il numero di persone coinvolte. Per quanto ci si trovi di fronte a persone di cultura diversa dalla nostra una ventina di persone sono tante sia per riscuotere il credito sia per convincere chi avanzava il denaro a non formulare ulteriori pretese».

«L'inchiesta - continua il Procuratore - si concentra ora sull'ambiente dei cantieri gestiti da imprenditori stranieri e balcanici in particolare, così come si sta esplorando anche la possibilità che il delitto non abbia a che fare con ragioni economiche ma sia riconducibile ad un vicenda personale».

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