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Cronaca

Estorsione ai danni di un'azienda, parla anche il "terzo" presunto componente della banda

Oggi, venerdì 29 aprile, di fronte al gip Mascolo anche Rudi D'Altoè, ritenuto colui che avrebbe chiesto a Fabio Gianduzzo e Edi Biasol (che restano in carcere) di procedere ad un "recupero crediti" che avrebbe dato il via alla presunta estorsione ai danni del responsabile commerciale e dell'amministratore unico della Btime di Treviso, ha raccontato la sua verità. «Sono io che avanzavo soldi da Renato Celotto - ha detto - e queste sono le fatture insolute che lo dimostrano. Non so nulla di quello che accaduto dopo, sono stato tirato dentro a questa storia senza aver fatto niente».

«Sono io che avanzavo soldi da Renato Celotto e queste sono le fatture insolute che lo dimostrano. Non so nulla di quello che accaduto dopo, sono stato tirato dentro a questa storia dell'estorsione senza aver fatto niente».
Rudi D'Altoè, 52enne di Roncade, ritenuto colui che avrebbe chiesto a Fabio Gianduzzo e Edi Biasol di procedere ad un "recupero crediti" che avrebbe dato il via alla presunta estorsione ai danni del responsabile commerciale e dell'amministratore unico della Btime di Treviso, Celotto appunto e Michele Gallà, lo ha detto oggi, venerdì 29 aprile, nel corso dell'interrogatorio di garanzia davanti al giudice delle indagini preliminari Angelo Mascolo. L'uomo, assistito dall'avvocato padovano Carlo Bermone, si è difeso insomma da tutte le accuse.

«Una volta parlando con Gianduzzo - ha detto al giudice - mi ha chiesto come andassero gli affari e gli ho detto che avanzavo mezzo milione da Celotto per alcuni lavori presso il centro commerciale "Tom" di Santa Maria di Sala. A quel punto lui mi ha detto che conosceva lo conosceva e che se volevo si sarebbe interessato per farmi avere i soldi. Mi ha anche chiesto un percentuale pari al 20%, richiesta che, piuttosto di perdere tutto il credito, ho accettato».

«Ho le prove di quello che dico - ha proseguito - perchè sono in possesso ancora di tutte le fatture. Celotto non le ha mai pagate, altrimenti tiri fuori i documenti che lo provano. Dalla conversazione con Gianduzzo non ho più saputo nulla, come avevo già detto ai carabinieri circa un anno fa quando mi sentirono come persona informata sui fatti su cui stavano indagando. Poi il centro commerciale è fallito».

.L'avvocato Bermone ha fatto istanza al giudice Mascolo per la cancellazione della misura cautelare che grava su D'Altoè, l'obbligo di dimora e la contestuale presentazione alla polizia giudiziaria, e ha presentato un identico documento al Tribunale del Riesame di Venezia. Restano invece in carcere Gianduzzo e Biasol: il gip ha infatti respinto la loro richiesta di scarcerazione. 

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