False assunzioni per avere il permesso di soggiorno, in dieci finiscono all'udienza preliminare
Si tratta di 2 cittadini guineiani, 2 marocchini, una coppia della Repubblica Dominicana, 2 senegalesi e due di origine colombiana, accusati tutti di falso e truffa ai danni dello Stato. Indagati anche due italiani, un imprenditore trevigiano 50enne e una 49enne che era la sua fiscalista, la cui posizione è stata però stralciata
Sono dodici le persone indagate per un giro di assunzioni false che avrebbero consentito, nelle ipotesi della Procura, di far ottenere permessi di soggiorno. In più sarebbe stata redatte delle lettere di licenziamento "farlocche" che avrebbero consentito a dieci immigrati di beneficiare senza averne i titoli dell'indennità di disoccupazione.
Questo era emerso da una indagine condotta dal sostituto procuratore Mara De Donà approdata due anni dopo il suo avvio all'udienza preliminare. A presentarsi davanti al gup Piera De Stefani sono i 10 stranieri ( 2 cittadini guineiani, 2 marocchini, una coppia della Repubblica Dominicana, 2 senegalesi e due di origine colombiana), tutti accusati di falso e truffa ai danni dello Stato. Due gli italiani implicati, un imprenditore 50enne trevigiano e la sua fiscalista, 49enne, la cui posizione è stata però stralciata. L'udienza è stata rinviata a marzo del prossimo anno.
Centrali nell'inchiesta sono tre aziende di proprietà dell'imprenditore che però, secondo quanto è stato appurato, non sarebbero state imprese impegnate in attività economiche ma facevano da copertura del traffico di documenti che, dietro ad un compenso, servivano poi per attivare le carte necessarie ad ottenere il permesso di soggiorno in Italia o in alcuni casi il suo rinnovo. Nel mirino sono finite la Adriatica srl, la Fortum srl e la Win For Life srl, tutte società di comodo, secondo quanto appurato dalla Procura di Treviso, che servivano al loro rappresentate legale a tenere in piedi il meccanismo.
Agli immigrati veniva fatto sottoscrivere un contratto di lavoro con una delle tre aziende con le più svariate mansioni, per lo più relative a qualifiche di tipo operaio. Quindi il lavoratore, con i documenti in mano, raccoglieva il tutto e si recava all'Ufficio Stranieri della Questura di Treviso (in un caso si è trattato della Questura di Padova) dove richiedeva un permesso di soggiorno per motivi di lavoro, che gli veniva regolarmente concesso. Ad alcuni veniva inoltrata la lettera di licenziamento che permetteva di ottenere l'indennità di disoccupazione. Uno degli immigrati però, è stato appurato nel corso delle indagini, lavorava regolarmente assunto in un'altra azienda.