rotate-mobile
Cronaca Santa Bona / Borgo Domenico Capriolo

Omicidio Durdevic, i testimoni: «Joco era a terra disarmato»

Lo hanno detto oggi, 3 settembre, gli agenti di Polizia che sono stati i primi a intervenire in Borgo Capriolo, nel quartiere di Santa Bona, dove l'8 febbraio del 2021 si consumò la tragedia di cui è accusato il 37enne Branko Durdevic

Intorno al corpo di Joco, che giaceva nel parcheggio, non c'erano armi, né da fuoco né di altri tipi. Questo hanno detto due agenti delle Volanti che furono tra i primi a intervenire in Borgo Capriolo, nel quartier di Santa Bona a Treviso, dove l'8 febbraio del 2021 Domenico Durdevic fu ferito mortalmente da Branko Durdevic, il 37enne accusato di aver sparato contro il 53enne a seguito di un litigio provocato dalla gestione delle nipoti della vittima. Questo è emerso oggi, 3 ottobre, nel corso della quarta udienza del processo in Corte d'Assise che vede Branko accusato di omicidio colposo.

Nelle loro deposizioni i due agenti di polizia hanno riferito di non aver visto nessuno dei corpi contudenti che il 37enne asserisce essere stati in mano a "Joco", alla moglie, alle due figlie e Giampiero Petricciuolo, che era uno dei generi. Solo la figlia di Domenico che, nell'estremo tentativo di soccorrerlo, gli teneva il capo insanguinato. Il difensore, l'avvocato Alessandra Nava, punta però il dito sul numero di persone accorse sul luogo della tragedia: una cinquantina, secondo i testimoni, un capannello difficile da tenere a bada. Il legale di Branko ritiene quindi che qualcuno sia stato in grado di spostare gli oggetti e di non farli trovare.

Domenico Durdevic morì dopo tre settimane di agonia dovute ad un colpo di pistola, una Glock calibro 9,21, detenuta illegalmente dal 37enne, che lo raggiunse alla testa. Secondo la ricostruzione ad accendere il litigio poi sfociato nel ferimento sarebbe stata la figlia piccola che la madre, ex compagna di Riccardo, figlio di "Joco", aveva con sé. La discussione sarebbe iniziata per questo ma poi si sarebbe allargata alle altre figlie di Riccardo (di cui è stata ammessa la testimonianza per quanto l'uomo sia atteso, nel novembre prossimo, dall'udienza preliminare in cui deve rispondere di maltrattamenti proprio nei confronti della ex moglie), che stavano invece con il nonno. 

Branko, che era da poco uscito dal carcere, sarebbe salito al primo piano della casa ed avrebbe estratto la pistola; poi avrebbe sparato alcuni colpi diretti contro contro lo "zio", il genero di questo e le due donne. Uno dei proiettili, probabilmente il secondo partito dall'arma, avrebbe centrato il 52enne alla nuca. La pistola, ha riferito in aula un altro testimone sentito precedentemente, pare essergli stata fornita dal padre della compagna di del 37enne Moreno Major. Secondo la deposizione dell'uomo ci sarebbe stato un furgone pronto a portare via Branko dopo l'omicidio. In tutta questa storia sarebbe coinvolto anche Simone Garbin, il giostraio indagato dalla Procura di Treviso per essere stato un supposto mediatore nello scandalo delle case assegnate a Treviso in emergenza abitativa e che avrebbe "toccato" anche l'ex dirigente comunale Stefano Pivato.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Omicidio Durdevic, i testimoni: «Joco era a terra disarmato»

TrevisoToday è in caricamento