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Cronaca

Sparatoria a Borgo Capriolo, la compagna di Branko: «Perseguitati da Joco e famiglia»

Oggi, 16 gennaio, nell'udienza al processo in cui il 37enne è accusato di omicidio volontario e tre tentati omicidi, ha deposto Sharon Salvi, ex di Riccardo, il figlio della vittima, che ha allacciato una relazione con il presunto assassino. «Il giorno in cui Joco morì - ha riferito - io ero in Croazia con mia figlia, non avrei mai potuto dire di essere a Treviso per tendere la trappola mortale al nonno dei miei figli»

«La famiglia di Joco non ci lasciava in pace, dicevano che Branko non sarebbe mai stato in grado di creschere la figlia che stava con me. E non è vero che ho contribuito a far scattare la trappola che ha determinato la morte di Domenico: io era in Croazia, come avrei potuto stare a Borgo Capriolo?». Sono queste alcune delle dichiarazioni fatte in aula oggi, 16 gennaio, da Sharon Salvi, la compagna di Branko Durdevic, il 37enne rom a processo perchè accusato dell'omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione, di Domenico "Joco" Durdevic, 53enne rimasto ferito a morte con un colpo di pistola calibro 9,21, l'8 febbraio del 2021 a Borgo Capriolo, nel quartiere di Santa Bona a Treviso. Branko è anche accusato di porto d'armi illegale e dei tre tentati omicidi, aggravati dalla premeditazione, del genero della vittima, Giampiero Petricciolo, e di Vera Olah e Samantha Durdevic.

La Salvi, che è sorella di Simone Garbin, figura centrale nell'inchista sulle case popolari a Treviso, ha ripercorso la vicenda partendo dal tempo in cui era legata sentimentalmente a Riccardo Durdevic, figlio di Joco, da cui ha avuto i suoi tre figli. Anni difficili, ha ricordato la donna, in cui quasi subito Riccardo (che è stato accusato di maltrattamenti familiari dalla compagna) si sarebbe mostrato particolarmente geloso, al punto da impedire a Sharon Salvi di avere contatti assidui con i familiari. «Io prendevo il reddito di cittadinanza - ha detto - lui sbarcava il lunario con piccoli lavori. Era ossessionato dal fatto che potessi avere degli amanti, mi rompeva i cellulari, si tratteneva il denaro che ricevevo, mi faceva controllare da una delle sorelle e non lasciava che mi lavassi».

«Era una famiglia in cui succedevano cose che non mi piacevano, che non erano normali - ha detto Sharon - loro picchiavano i vicini e Riccardo una volta si prese una denuncia per aver pestato un giovane da cui doveva avere dei soldi per la droga. Nessuno degli accordi che avevamo preso sui figli è stato rispettato; io e Branko, che nel frattempo avevamo inziato una storia, venivamo letteralmente perseguitati al punto che, a Natale del 2020, presentai anche una denuncia contro Joco, che poi ritirai per il quieto vivere».

Sharon Salvi insiste però su un particolare: «Il giorno in cui Joco morì - ha riferito alla Corte - io ero in Croazia con mia figlia, non avrei mai potuto dire di essere a Treviso per tendergli una trappola mortale. Della pistola che aveva Branko seppi dopo la sparatoria. Lui aveva paura di loro, non si sentiva sicuro a Borgo Capriolo».

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