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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca

Pride, a seno nudo sulla scalinata del Duomo: donne multate dalla Digos

Il blitz dello scorso 23 aprile di "Non una di meno Treviso" costerà una sanzione di 102 euro alle protagoniste dell'episodio, legato ad una protesta a favore del diritto all'aborto. La Questura ha contestato loro gli "atti contrari alla pubblica decenza". La replica delle attiviste su Facebook: «Manipolato il significato della nostra azione»

Nessuna denuncia, come iniziamente si era ipotizzato, ma una semplice multa di 102 euro per "atti contrari alla pubblica decenza". E' quanto saranno costrette a pagare le sette attiviste di "Non una di meno Treviso" che lo scorso 23 luglio, durante il Pride, si sono staccate dal corteo e hanno esibito il loro seno nudo sulle scalinate del Duomo come protesta a favore del diritto all'aborto. La Questura ha dunque adottato la linea morbida nei confronti delle protagoniste di questo episodio che nei giorni seguenti aveva provocato forte sdegno non solo, come prevedibile, a Ca' Sugana ma anche nei vertici della Diocesi di Treviso. A rilanciare la notizia sono state le stesse attiviste di "Non una di meno" che hanno pubblicato sulla loro pagina Facebook copia del verbale, contestando alla Questura di non aver evidenziato l'esatta motivazione del loro gesto.

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La rivendicazione su Facebook

«Al Pride di Treviso abbiamo visto corpi in rivolta riprendersi le strade e le piazze della nostra città» hanno scritto «Corpi ai quali fin troppo spesso viene chiesto di non occupare spazio, di non prendere decisioni, di obbedire, di esistere solo per riprodursi. 𝐃𝐮𝐫𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐢𝐥 𝐜𝐨𝐫𝐭𝐞𝐨 𝐚𝐛𝐛𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐯𝐨𝐥𝐮𝐭𝐨 𝐫𝐢𝐯𝐞𝐧𝐝𝐢𝐜𝐚𝐫𝐞 𝐢𝐥 𝐝𝐢𝐫𝐢𝐭𝐭𝐨 𝐚 𝐮𝐧 𝐚𝐛𝐨𝐫𝐭𝐨 𝐥𝐞𝐠𝐚𝐥𝐞 𝐞 𝐬𝐢𝐜𝐮𝐫𝐨, messo costantemente sotto attacco in Italia e in tutto il mondo. Ecco perché alcune di noi hanno deciso di salire sui gradini del Duomo a seno scoperto: per affermare il diritto a decidere sui nostri corpi e liberarci dall’oppressione patriarcale che vede nei corpi con utero dei mezzi di riproduzione invece che delle persone in grado di autodeterminarsi».

«Tuttavia, per arrivare agli scalini del Duomo» si legge ancora «𝐬𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐬𝐭𝐚𝐭𝐞 𝐨𝐬𝐭𝐚𝐜𝐨𝐥𝐚𝐭𝐞 𝐝𝐚𝐥𝐥𝐞 𝐟𝐨𝐫𝐳𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐨𝐫𝐝𝐢𝐧𝐞, che si sono permesse di dare 𝐬𝐩𝐢𝐧𝐭𝐞 e 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐭𝐭𝐨𝐧𝐢 nonostante l’intento pacifico della nostra protesta. Reagiscono con l’oppressione di fronte alle richieste di diritti che dovrebbero essere garantiti. Perché in Italia 𝐢𝐥 𝐭𝐚𝐬𝐬𝐨 𝐝𝐢 𝐦𝐞𝐝𝐢𝐜𝐢 𝐨𝐛𝐢𝐞𝐭𝐭𝐨𝐫𝐢 è 𝐝𝐞𝐥 𝟔𝟕% 𝐞 𝐢𝐧 𝐚𝐥𝐜𝐮𝐧𝐞 𝐫𝐞𝐠𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐬𝐟𝐢𝐨𝐫𝐚 𝐢𝐥 𝟏𝟎𝟎% rendendo estremamente complicata la possibilità di avere un aborto. Noi alla fine sugli scalini del Duomo ci siamo salite, per reclamare una vera autodeterminazione di tutte le donne, di tutte le persone con un utero. Come abbiamo detto con le nostri voci vicino a quel Duomo: vietare l’aborto legale e sicuro è una questione di classe, razziale e abilista».

«Per questa azione, che tante sorelle in giro per il mondo compiono con coraggio e determinazione, 𝐜𝐢 𝐡𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐦𝐮𝐥𝐭𝐚𝐭𝐨» chiude la note «Per "𝘢𝘵𝘵𝘪 𝘤𝘰𝘯𝘵𝘳𝘰 𝘭𝘢 𝘱𝘶𝘣𝘣𝘭𝘪𝘤𝘢 𝘥𝘦𝘤𝘦𝘯𝘻𝘢" manipolando il significato della nostra azione come si vede dalle parole che seguono "𝘪𝘯𝘵𝘰𝘯𝘢𝘯𝘥𝘰 𝘢 𝘮𝘢𝘯𝘪 𝘢𝘭𝘻𝘢𝘵𝘦 𝘶𝘯𝘰 𝘴𝘭𝘰𝘨𝘢𝘯 𝘴𝘶𝘭𝘭𝘢 𝘢𝘴𝘴𝘦𝘳𝘪𝘵𝘢 𝘥𝘪𝘴𝘱𝘰𝘯𝘪𝘣𝘪𝘭𝘪𝘵à 𝘥𝘦𝘭 𝘱𝘳𝘰𝘱𝘳𝘪𝘰 𝘤𝘰𝘳𝘱𝘰". Il corpo è spazio di lotta, sui corpi si decidono le politiche e le sorti di moltə; 𝐥'𝐞𝐯𝐢𝐝𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐚𝐧𝐢𝐦𝐚 𝐦𝐚𝐬𝐜𝐡𝐢𝐥𝐢𝐬𝐭𝐚 𝐞 𝐬𝐞𝐬𝐬𝐢𝐬𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐮𝐫𝐚 𝐦𝐢𝐬𝐭𝐢𝐟𝐢𝐜𝐚 𝐥'𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞, 𝐬𝐞𝐬𝐬𝐮𝐚𝐥𝐢𝐳𝐳𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐢𝐥 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐜𝐨𝐫𝐩𝐨 𝐧𝐮𝐝𝐨, 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐡é è 𝐥'𝐮𝐧𝐢𝐜𝐨 𝐦𝐨𝐝𝐨 𝐢𝐧 𝐜𝐮𝐢 𝐫𝐢𝐞𝐬𝐜𝐨𝐧𝐨 𝐚 𝐯𝐞𝐝𝐞𝐫𝐥𝐨. Noi siamo salite su quelle scale rivendicando una libertà per tuttə, perché non vogliamo lasciare indietro nessunə, perché le forze dell’ordine, lo stato e la chiesa devono togliere le loro schifose e luride mani dai nostri corpi».

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