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Cronaca

Processo Veneto Banca, l'immobiliarista: «Mai ricevuto pressioni da Consoli»

C'è anche Giorgio Batacchi, 75enne immobiliarista del lusso, tra i testimoni che la difesa di Vincenzo Consoli, imputato nel processo per il crac dell'istituto di credito montebellunese, ha portato a deporre nell'udienza di ieri lunedì 11 ottobre

C'è anche Giorgio Batacchi, 75enne immobiliarista del lusso, tra i testimoni che la difesa di Vincenzo Consoli, imputato nel processo per il crac di Veneto Banca in cui deve rispondere dei reati di aggiotaggio, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza, ha portato a deporre nell'udienza di ieri, lunedì 11 ottobre. Batacchi era, al tempo, uno dei maggiori possessori di azioni dell'istituto di credito. La Guardia di Finanza però ritenne che gran parte fosse frutto di operazioni finanziate con il capitale della ex popolare. L'uomo, che a capo della Logan srl costruiva e vendeva case nelle principali località turistiche del Veneto, tra cui Cortina, rimase vittima della crisi che attanagliò il sistema paese a partire dal 2012; la sua era una posizione debitoria che andò via via deteriorandosi, fino ad essere invischiato nella melma degli npl di Veneto Banca. 

«Ero il sesto maggiore azionista - ha detto Batacchi - e io non ho mai chiesto favori a Consoli, né mi sono stati offerti. Mettevo i soldi in Veneto Banca perché pensavo fosse una ottima "musina" e ho sempre pagato tutto con i miei risparmi. Certo, quei titoli nel portafogli mi servivano anche come garanzia per i prestiti che chiedevo, sono abituato a mettere sempre la mia firma sotto gli impegni che prendevo, di cui mi assumevo la piena responsabilità in prima persona. Nel 2014 ho aderito all'aumento di capitale insieme a tutti i risparmiatori ma solo nel tentativo di recuperare quei 500 milioni che mancavano dal bilancio».

Ieri, sempre citato dal difensore di Consoli, l'avvocato Ermenegildo Costabile, ha deposto tra gli altri anche Mauro Gallea, una grande esperienza bancaria alle spalle e che per 10 anni, tra il 2004 e il 2014, fu uno dei vicedirettori di Veneto Banca.

«Organizzai - ha detto - il team chiamato a rispondere ai 17 punti che erano contenuti nelle osservazioni che Banca d'Italia fece nel 2013. In particolare verificammo la situazione relativa alle "baciate", quei 30 casi messi in rilievo dai commissari della vigilanza che, secondo loro, valevano 157 milioni di euro. Di posizioni dubbie ne trovammo 12, di cui 7 avevano però venduto tutti i titoli, per un totale di soli 10 milioni di euro, forse meno, di possibile capitale finanziato».

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