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Cronaca

Veneto Banca, operazioni "baciate" anche per aziende in liquidazione o fallite

All'udienza nel processo a Vincenzo Consoli, accusato di aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza e falso in prospetto, parla il sottufficiale della Guardia di Finanza di Venezia che coordinò la perquisizione del febbraio 2015: «Prestiti in cambio di azioni anche a imprese in grave difficoltà economica o cessate». Ma la firma Consoli dell'ex ad non compare su nessuno dei documenti resi in esame

Affidamenti ad imprese in liquidazione, fallite o addirittura cessate, in cambio di acquisti di azioni. Questo è emerso nell'udienza di oggi, lunedì 10 maggio, nel processo  a Vincenzo Consoli, ex amministratore delegato prima e poi direttore generale di Veneto Banca, in cui è accusato di ostacolo alla vigilanza, aggiotaggio e falso in prospetto. Il dettaglio, che farebbe riferimento anche alle cosidette "banciate" è emerso nel corso della deposizione di un maresciallo della Guardia di Finanza di Venezia che ha lavorato alle indagini e soprattutto ha coordinato la perquisizione presso gli uffici della ex popolare nel febbraio del 2015. Ma la firma di Consoli, ad autorizzare le operazioni, non comparirebbe su nessuno dei documenti presi in esame. 

Il sottufficiale ha raccontato che, tra le carte prelevate dalle Fiamme Gialle, c'era un file contente i nomi di tutti i sottoscrittori di azioni dell'istituto di credito. Erano 76.800, di cui a campione vennero esaminate 72 posizioni alla ricerca di quello che la Procura di Roma, che avvio l'indagine, aveva subodorato: e cioè che molti affidamenti di conto corrente, prestiti e mutui dati soprattutto ad aziende nel periodo tra il 2012 e il 2014, nascondessero in realtà, come condizione per l'accesso al credito, l'acquisto di titoli. Sul campione di 72 posizioni  vennero rese in considerazione 19 imprese che risultavano essere state messe in liquidazione, oppure che avevano già portato i libri in tribunale o che erano addirittura già state chiuse. Gli acquisti andavano da 700 mila euro a poche decine di migliaia di euro. «Erano posizioni - ha spiegato il teste - che venivano considerate in bonis e non passate all'incaglio, il che ci era molto sospetto».

Il legale di Consoli (che era presente in aula), l'avvocato Ermenegildo Costabile, ha però tentato di smontare la testimonianza. Lo ha fatto dimostrando, per ciascuno di 19 casi portati all'attenzione del collegio dei giudici, che non c'è stata né una relazione "funzionale" tra aperture di credito e acquisti di azioni (tutti avvenuti abbastanza distanziati nel tempo) né un possibile logica di secondo cui la banca avrebbe concesso alla aziende denaro in cambio della sottoscrizione. «Gli importi - ha detto - erano assolutamente trascurabili rispetto alle linee di affidamento o di prestito. In tutti i casi si trattava di denaro proprio e non dato dalla banca, ad esempio attraverso un'anticipo sulle fatture».

Inoltre è emerso da un'altra testimonianza (quella di un ufficiale della Gdf Di Roma) che le "baciate", che secondo la stima degli inquirenti ammontavano a oltre 157 milioni di euro, sarebbero in realtà molte meno. «Una quarantina di operazioni - spiega il legale di Consoli - non di più, come peraltro spiegano anche le carte della Banca Centrale Europea»

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