rotate-mobile
Cronaca

Processo per il crac di Veneto Banca, un testimone: «Minacciato dal consulente della Procura»

Stefano Trevisin era il responsabile dell'ufficio acquisti della ex popolare fino al 2017, quando l'istituto di credito montebellunese venne messo in liquidazione amministrativa coatta. Secondo la sua versione sarebbe stato intimidito da Luca Terrinoni, perito dei magistrati prima di Roma e poi di Treviso

«Mi ha minacciato». E' l'accusa che Stefano Trevisin  ha rivolto a Luca Terrinoni, il perito della Procura di Roma e poi di quella di Treviso, l'uomo che ha scritto la perizia che inchioderebbe alle sue responsabilità Vincenzo Consoli, unico imputato nel processo per falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza in corso a Treviso e che affronta il tema del crac di Veneto Banca.

Trevisin, responsabile dell'ufficio acquisti della ex popolare fino al 2017, quando l'istituto di credito montebellunese venne messo in liquidazione amministrativa coatta, ha spiegato che nel corso del suo colloqui con Terrinoni ha avuto una «esperienza molto spiacevole». «Parlo ora - ha detto - dato che non ho più paura di perdere il mio posto di lavoro. E' stato un atteggiamento deplorevole, mi diceva che dovevo dargli qualche cosa sul mio superiore, Fabio Momola, e su Vincenzo Consoli. Insisteva e quando ha aperto il fascicolo che mi riguardava dentro c'erano le foto di mia moglie e di mia figlia. Mi chiedeva come mai in Veneto Banca c'erano tante coppie sposate e di fatto e mi diceva che non era normale. Poi mi ha congedato dicendomi di salutare la famiglia e di dare una bacetto a mia figlia».

Nel corso dell'udienza di oggi, lunedì 15 novembre, ha deposto, sempre chiamato dalla difesa di Consoli, rappresentata dall'avvocato Ermenegildo Costabile, anche Francesco Favotto, ex presidente di Veneto Banca dall'aprile del 2014 all'autunno del 2015 e professore ordinario, in pensione, di Economia Aziendale all'Università di Padova.

«La perquisizione del febbraio del 2015 - ha detto -  fu un "game changer", spostò gli assi cartesiani della vicenda, a cominciare dall'atteggiamento della Banca Centrale Europea, che fino ad allora aveva avuto un atteggiamento attendista su Vincenzo Consoli, di cui volle l'immediata rimozione. L'azione della Guardia di Finanza fu l'inizio della fine. Creò alla banca almeno quattro ordini di problemi: il primo riguardava la liquidità, con molti clienti che portarono via i loro depositi, il secondo influì negativamente sul rating reputazionale, il terzo provocò un effetto da "si salvi chi può" dentro al consiglio di amministrazione, il quarto produsse invece una squarcio sulla fiducia del mondo degli investitori. Ma furono i primi due ad avere le conseguenze maggiormente nefaste: quella perquisizione avvenne di martedì, a mercati aperti. Fummo costretti ad andare a Londra, il giorno dopo, a dire che Veneto Banca era ancora solvibile e capace di stare sul mercato. Fu un vero disastro».

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Processo per il crac di Veneto Banca, un testimone: «Minacciato dal consulente della Procura»

TrevisoToday è in caricamento