Oro e denaro, così si "compravano" gli alloggi popolari del Comune di Treviso
Al centro dello scandalo dell'emergenza abitativa a Treviso i cosiddetti "mediatori" che chiedevano regalie alle famiglie che volevano essere assegnatarie. Il meccanismo sarebbe stato avviato nel 2009
La "tratta" delle case inizia nel 2009: da quando cioè le assegnazioni per l'emergenza abitativa, invece che essere votate dal consiglio comunale, vengono vagliate da una commissione interna agli uffici. Al centro di tutto i mediatori che, in cambio dell'alloggio di emergenza, avrebbero chiesto il pizzo a coloro che, soprattutto famiglie di etnia rom, ottenevano in tempi rapidi quello che per altri era una lunga trafila di carte, documentazioni e certificazioni. Denaro ma anche, pare, oggetti in oro.
A fare da "facilitatori" delle pratiche ci sarebbe stata gente che aveva i rapporti giusti con la comunità nomade e che poteva contare su ottime conoscenze all'interno degli Uffici di Ca'Sugana: tra di loro si fanno i nomi di Silvana Hudorivich, la "regina dei Rom", residente in un alloggio dell'Ater in Via Castagnole, Gigante Levakovic, Enrico Renosto (che nel 2012 era uscito dal Pdl, di cui era capogruppo ai "Trecento", per fondare con Letizia Ortica "Area Popolare") e, ma solo a partire dagli ultimi anni, Simone Garbin, che nel 2012 era finito in carcere dove doveva scontare un cumulo di 9 anni di galera per i reati di furto, rapina, porto d'armi abusivo, turbativa violenta, ricettazione, danneggiamento, commessi dal 2003 al 2009, nella Marca e nelle provincie di Padova, Vicenza e Venezia.
Gli investigatori, che il 7 giugno scorso hanno perquisito case e uffici di Stefano Pivato, il responsabile del servizio, di altri 4 dipendenti pubblici oltre che quelle di una trentina di assegnatari privilegiati, tutti al momenti indagati vario titolo per corruzione e abuso in atti d'ufficio, hanno sequestrato telefonini e computer alla caccia di quello che però già avrebbero in mano. E cioè le prove, raccolte attraverso intercettazioni di sms e chiamate, di un giro di denaro e appunto altri beni preziosi finiti nelle tasche dei "mediatori" certo ma anche, questa almeno è l'ipotesi da cui è scaturita l'inchiesta, anche in quelle di Pivato (che è responsabile del Settore Servizi Sociali, Scolastici e Politiche per lo Sport dal 2019) e dei colleghi.
L'inchiesta in corso, coordinata dal sostituto procuratore Gabriella Cama, sarebbe iniziata l'estate dell'anno scorso, scaturita da una mail, mandata agli uffici della Prefettura, in cui una persona di etnia rom segnalava la sua situazione di difficoltà e scriveva: «Tanto tutti sanno che in Comune basta pagare per avere la casa». Questa corrispondenza sarebbe alla fine arrivata sui tavoli della Procura. Ma chi l'ha scritta, un 65enne che era stato anche oggetto di una querela per diffamazione da parte di Stefano Pivato, è morto nei mesi scorsi per l'aggravarsi di alcune patologie cardiache di cui avrebbe sofferto da tempo.