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Cronaca

Scandalo assegnazioni case popolari, all'origine della inchiesta una mail alla Prefettura

Sarebbe questa la miccia che ha innescato l'indagine della Procura. Un residente, nello spiegare la sua sitazione, scriveva che «tanto tutti sanno che in Comune basta pagare per avere la casa».

Sarebbe stata una mail, mandata agli uffici della Prefettura in cui una persona di etnia rom, a scatenare il "bubbone" dello scandalo delle associazioni degli alloggi popolari a Treviso. La comunicazione, giunta agli uffici della Prefettura circa un anno fa, segnalava la situazione di difficoltà dello scrivente e si concludeva asserendo che «tanto tutti sanno che in Comune basta pagare per avere la casa». La carta sarebbe quindi stata trasmessa alla Procura di Treviso, che avrebbe aperto un fascicolo per corruzione e abuso in atti d'ufficio.

A quella mail, mandata per conoscenza anche al Comune di Treviso, Stefano Pivato, che dal 2019 è il funzionario dell'ufficio affari sociali, ha risposto presentando una querela in cui si ipotizza il reato di diffamazione. «Non ho mai accettato né favori, né denaro né tanto meno promesse di dazioni – si è sfogato  il dirigente comunale con il suo legale, l'avvocato Fabrizio Santoro – nella mia posizione ricevo le più disparate segnalazioni di casi estremi, da associazioni, privati cittadini, sacerdoti. Ma io non ho mai preso un lira per il lavoro che facevo».

La prassi all'insegna della corruzione (in cui sono invischiate almeno 50 persone, i beneficiari e mediatori tra cui vi sarebbero anche Gigante Levacovic, Silvana Hudorivic, Simone Garbin e Enrico Renosto), secondo i magistrati trevigiani sarebbe andata avanti invece fin dal 2009 e  avrebbe avuto come punto di riferimento Simone Garbin, giostraio 40enne, già condannato per rapina, che da circa un anno avrebbe trovato casa - anche questa dell'Ater -  dalle parti di Castelfranco. Garbin, che risulta indagato insieme al fratello 31enne Massimiliano, avrebbe sempre sostenuto, o forse millantato, ottime conoscenze all'interno di Ca' Sugana, rapporti strettissimi con “quelli che contano” che sarebbero stati in grado di garantire l'accesso ad un alloggio attraverso la procedura dell'emergenza abitativa.

Il sostituto procuratore Gabriella Cama ha disposto le perquisizioni ed i sequestri, che riguardano tra l'altro i telefonini di alcuni degli indagati, all'interno dei quali ci potrebbero essere gli elementi compromettenti a carico di Pivato, come ad esempio chiamate o scambi di sms e messaggi, ad esempio via Whatsapp e Telegram (ma anche la posta elettronica, tanto è vero che sono state perquisite tutte le sedi di uffici comunali di cui Pivato è responsabile) che lo inchioderebbero alle sue responsabilità.  

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