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Cronaca

Malato di schizofrenia da 16 anni minaccia di morte le sorelle e la madre

Protagonista del caso un 25enne residente a Treviso, affetto da una sindrome paranoide. Come Fabrizio Biscaro, l'operaio 34enne di Col San Martino reo confesso dell'omicidio di Elisa Campeol, era in cura presso un centro di salute mentale trevigiano ma ha smesso di seguire le indicazioni mediche e l'assunzione dei farmaci che gli erano stati prescritti. A luglio del 2019 è stato denunciato per maltrattamenti

Come Fabrizio Biscaro, l'operaio 34enne di Col San Martino reo confesso dell'omicidio di Elisa Campeol, era in cura presso un centro di salute mentale trevigiano ma ha smesso di seguire le indicazioni mediche e l'assunzione dei farmaci che gli erano stati prescritti. Affetto da una forma grave di schizofrenia paranoide e con problemi di abuso di alcol e sostanze stupefacenti nel luglio scorso sarebbe arrivato a minacciare di morte madre e sorelle, utilizzando in due occasioni un coltello da cucina.

Ma il giovane, che alla fine è stato denunciato per maltrattamenti familiari, non è punibile: una perizia del Tribunale ha infatti accertato che il suo stato mentale  al tempo della commissione dei fatti era compromessa, tanto da dare luogo ad una sentenza di non luogo a procedere. Oggi, giovedì 1 luglio, si sarebbe dovuta svolgere invece l'udienza in cui il protagonista della vicenda, un ragazzo di 25 anni, residente a Treviso, avrebbe dovuto conoscere quale provvedimento restrittivo fosse stato deciso dal gip Marco Biagetti ma tutto è stato rinviato  per poter ascoltare il parere del medico che lo ha in cura.

E pensare che al primo accesso presso il centro che lo aveva in cura il medico che si era preso carico della sua situazione - ne ha cambiati tre nel giro di poco tempo - aveva stilato una diagnosi secondo cui non c'era nulla che non andava con la salute mentale del giovane, che veniva definito "viziato". La verità è invece che, come un'altro parente stretto, il 25enne soffre di schizzofrenia e la sua condizione psichiatrica viene peraltro aggravata dal consumo di cannabis e soprattutto dall'abuso di sostanze alcoliche.

La malattia ha bussato la prima volta nella sua testa quando aveva nove anni. Così sarebbero partite le violenze dirette soprattutto alla madre e alle tre sorelle.  Il giovane andava facilmente in escandescenze ed era solito danneggiare i mobili di casa, poi crescendo ha cominciato ad insultarle, apostrofandole in tutti i modi possibili, e a scagliarsi su di loro con calci e pugni. Infine il consumo smodato di alcol e l'abitudine a fumare marijuna avrebbero peggiorato la situazione e nel luglio di due anni fa, ha preso il coltello da cucina e le ha minacciate di morte.

«Il punto è - dice il difensore, l'avvocato Antonella Picco - che per effetto della sua patologia lui non si riconosce come un malato e quindi rifiuta di prendere i farmaci e scattano i problemi. Quando l'assunzione invece avviene torna assolutamente normale». Prossimamente si dovrà  decidere se il ragazzo, che negli ultimi due è stato ospite di una comunità della provincia, dovrà restare nella struttura o potrà tornare a casa e soprattutto quali dovranno essere le modalità di somministrazione dei medicinali che lui continua a non prendere.  

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