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Giovedì, 28 Marzo 2024

Scacco alla banda dei truffatori seriali | IL VIDEO

I carabinieri di Siena, nell'ambito di un'indagine avviata nell'agosto dello scorso anno, sono riusciti a disarticolare un sodalizio criminale con base a Napoli, dedito principalmente a truffe ad anziani residenti nell'area Nord e Centro Italia. La banda napoletana era dedita anche truffe ad attività commerciali, alle quali offrivano la vendita di pepite e lingotti d'oro, sostanzialmente falsi: la prima piccola pepita esibita al
compro oro o al commerciante di preziosi risultava essere buona ma, una volta concordato il prezzo per la fornitura, venivano fornite partite di oggetti solo rivestiti d'oro, con una consistente quota interna in ferro o acciaio. Una parte delle truffe sono anche avvenute all'estero, in Marocco e Tunisia. Nel corso dell'operazione, portata a termine oggi, che ha visto l'impiego di oltre 100 militari dei comandi provinciali di Siena, Napoli, Milano, Brescia, Rimini e Pistoia, sono stati eseguiti tra Napoli e Milano 11 dei 12 provvedimenti cautelari, emessi dal Gip del Tribunale del capoluogo senese. Perquisizioni sono state effettuate anche a Brescia, Rimini e Pistoia nei confronti di altri indagati.

Sette i provvedimenti cautelari in carcere (uno è ancora ricercato, forse è fuggito all'estero); tre napoletani sono finiti agli arresti domiciliari, mentre per due è stato disposto l'obbligo di dimora a San Sebastiano al Vesuvio (Na). Nel corso delle indagini, inoltre, sono stati eseguiti 6 arresti in flagranza. I reati contestati dalla Procura della Repubblica di  Siena che, nella persona del pm Siro De Flammineis, ha coordinato  l'intera attività investigativa, vanno dall'associazione per delinquere finalizzata alla truffa' o all'estorsione, alla truffa  aggravata, al favoreggiamento personale o reale e alla ricettazione con riferimento ai singoli episodi.

Le indagini, condotte dal nucleo investigativo di Siena, scaturiscono  da alcuni episodi di raggiro avvenuti nel capoluogo senese nell'estate
dello scorso anno. I militari, sulla base dei pochi elementi raccolti  nell'immediatezza dei fatti, hanno focalizzato la loro attenzione su  numerose schede telefoniche risultate utilizzate nei singoli episodi  di truffa e intestate a cittadini pakistani.

Le schede costituivano parte del modus operandi della banda e venivano utilizzate per la sola specifica esigenza di compiere le truffe. Sono  stati compiutamente ricostruiti oltre 50 episodi di truffa avvenuti a  Siena, Perugia, Milano, Treviso, Gallarate, Domodossola, Bologna,  Perugia, Torino, Treviso, Padova, Milano, Napoli, Tivoli (Roma), Lugo  di Romagna (Ravenna).

I reati contestati dalla Procura della Repubblica di  Siena che, nella persona del pm Siro De Flammineis, ha coordinato  l'intera attività investigativa, vanno dall'associazione per delinquere finalizzata alla truffa' o all'estorsione, alla truffa  aggravata, al favoreggiamento personale o reale e alla ricettazione  con riferimento ai singoli episodi.

Le indagini, condotte dal nucleo investigativo di Siena, scaturiscono  da alcuni episodi di raggiro avvenuti nel capoluogo senese nell'estate
dello scorso anno. I militari, sulla base dei pochi elementi raccolti  nell'immediatezza dei fatti, hanno focalizzato la loro attenzione su  numerose schede telefoniche risultate utilizzate nei singoli episodi  di truffa e intestate a cittadini pakistani.

Le schede costituivano parte del modus operandi della banda e venivano utilizzate per la sola specifica esigenza di compiere le truffe. Sono  stati compiutamente ricostruiti oltre 50 episodi di truffa avvenuti a  Siena, Perugia, Milano, Treviso, Gallarate, Domodossola, Bologna,  Perugia, Torino, Treviso, Padova, Milano, Napoli, Tivoli (Roma), Lugo  di Romagna (Ravenna).

Gli imbonitori, spacciandosi per carabinieri o avvocati, raccontavano che un prossimo congiunto dell'anziana donna era incorso  in un grave sinistro, che magari aveva ucciso una persona, rischiando  di andare in carcere e che occorreva provvedere a pagare un primo  risarcimento dei danni per evitare il carcere. Ottenuta la  disponibilità delle vittime, i malfattori inviavano il 'trasfertista', spacciato per avvocato, presso i domicili degli anziani dove  recuperava denaro, gioielli e qualunque valore la poveretta tenesse in casa. Le vittime erano prevalentemente donne.

Il raggiro si arricchiva talvolta di un ulteriore elemento. Il  telefonista suggeriva alla vittima di chiamare il 112 per avere  contezza dei fatti e fingeva di interrompere la conversazione. Alla chiamata successiva dell'anziana donna al numero di emergenza  indicato, rispondeva lo stesso interlocutore iniziale o un suo  complice, confermando le false storie precedentemente narrate e confermando così nella persona ingannata la convinzione di dover pagare quell'avvocato, che sarebbe passato a ritirare il denaro o i  valori destinati al presunto risarcimento, pur parziale, dei gravi  danni cagionati dal congiunto della vittima. I telefonisti erano così  abili da riuscire a farsi dire il nome del figlio dall'anziana madre  ed utilizzarlo per impressionarla maggiormente, ripetendolo con  frequenza.

Al 'trasfertista' veniva pagato il viaggio di andata e ritorno da  Napoli con treno e, raggiunta la meta, anche il taxi solo per  l'andata. Questi in genere, una volta raccolto un consistente bottino, rientrava a Napoli o raggiungeva Milano per piazzare il maltolto a dei ricettatori, oppure rendere agli stessi organizzatori del traffico  quanto rimediato. Ai trasfertisti veniva riconosciuta una quota minore del bottino, in relazione all'opera svolta e al rischio corso. L'atteggiamento dei capi era particolarmente severo, gli ordini non  ammettevano deroghe o contestazioni, pena l'immediato licenziamento. I corrieri si dimostravano particolarmente remissivi e sottomessi nei  confronti di chi procurava loro un lavoro, sia pur illecito. Un'ultima annotazione: la banda osservava il criterio della settimana corta,  sabato e domenica non si lavora.

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