Libero dopo una rapina aggredisce volontario della Caritas, la storia di Osain Mohamed Sharif
Il 35enne, accusato della tentata rapina di lunedì scorso ad un internet point di via Zenson di Piave a Treviso e dell'aggressione, avvenuta ieri sera, 22 marzo, ai danni di un 40enne colpito alla gola con una roncola, voleva tornare in Bangladesh. L'uomo, che è forse affetto da un disturbo mentale, non era mai stato violento ma da tempo aveva mostrato segni di disagio psichiatrico
E' una storia di solitudine quella di Osain Mohamed Sharif, il 35enne che lunedì avrebbe rapinato un internet point in via Zenson di Piave a Treviso e che ieri seria, sempre nel capoluogo, avrebbe aggredito con una roncola un volontario della Caritas intento a gestire la coda per la cena. Solitudine e, probabilmente, di malattia - o quanto meno disagio - mentale che lo ha spinto a commettere le due aggressioni (quella nell'esercizio commerciale e quella di ieri sera) che fortunatamente non hanno avuto conseguenze.
Sharif, che sarebbe arrivato nel nostro paese con un "viaggio della speranza" a cui sarebbe seguita la richiesta dello status di rifugiato, vuole però tornare nel Bangladesh. Il 35enne, entrato nei radar della Caritas Tarvisina alla fine di settembre del 2022, avrebbe mostrato subito segnali di instabilità mentale. «Parlava da solo - spiega don Davide Schiavon, direttore della Caritas - era un tipo introverso ma mai aveva mostrato atteggiamentoi violenti». A chi gli chiedeva cosa c'era che non andava Mohamed semplicemente rispondeva che voleva tornare in patria, forse deluso da quello che a trovato in Italia e, pare di capire, terribilmente solo.
"Sta male" avrebbe gridato qualcuno degli altri stranieri, che forse lo conosceva bene, mentre stava aspettando la cena ieri sera alla Caritas e che è prontamente intervenuto per fermare l'aggressione al volontario 40enne, ferito alla gola ma solo in maniera superficiale e già rimandato a casa. Don Davide Schiavono dice che sono state mandate mail, alla Prefettura e anche alla Questura, perchè del caso venissero investiti i servizi socio sanitari della Uls 2 perchè Sharif, privo di documenti e anche di tessera sanitaria, fosse preso in carico dal loro. «Ma dalle autorità competenti - dice il direttore della Caritas Tarvisina - non è arrivata nessuna risposta». Hanno scritto anche al consolato e poi all'ambasciata del Bangladesh, rappresentando il desiderio dell'uomo di tornare nel suo paese. Ma senza documenti c'è poco che le autorità del paese asiatico possano fare. Così Mohamed è rimasto intrappolato in Italia.
«Per questo nuovo reato - spiega l'avvocato Silvia Corto, il legale della studio Gobbo che lo aveva assistito dopo la tentata rapina di lunedì - a Sharif è stato dato un altro d'ufficio. Noi ci siamo limitati a parlare con lui dell'udienza di convalida e onestamente non ci aveva dato l'impressione di essere una persona con problemi». La secondo udienza di convalida, in cui deve rispondere di lesioni personali e resistenza a pubblico ufficiale, ci sarà verosimilmente domani 24 marzo. E questa volta c'è da attendersi un inasprimento della misura cautelare, che dovrebbe confermare la detenzione nel penitenziario di Santa Bona. Resta il mistero sulle reali motivazioni dei due gesti che potrebbero anche essere la manifestazione violenta e improvvisa di una condizione che riguarda la sua psiche. Nel frattempo Osain Mohamed Sharif resta recluso nella sua cella del carcere di Treviso. Come dice don Schiavon è solo vittima del suo essere «un uomo senza passato, senza futuro e con un presente problematico».