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Cronaca

Truffa del cuore artificiale, la Procura chiede condanne per 4 anni e mezzo

Queste le conclusioni del pubblico ministero nel processo che vede alla sbarra Luciano Bianchin, 58enne di Crocetta del Montello, Igor Sarcinelli, 39enne di Spilimbergo in provincia di Pordenone, Luca Padovan, 31enne di Conegliano, Alessandro Pavan, anche lui 31enne di Montebelluna e Riccardo Barcolari, 27enne di Venezia. Sono tutti imputati di abusivismo nell'esercizio dell'attività di promotore finanziario per aver sollecitato, senza averne i titoli, investimenti in una ricerca che si sarebbe rivelata una bufala

Un anno e sei mesi per Luciano Bianchin, 58enne di Crocetta del Montello, 1 anno a Igor Sarcinelli, 39enne di Spilimbergo, in provincia di Pordenone e otto mesi ciascuno per Luca Padovan, 31enne di Conegliano, Alessandro Pavan, anche lui 31enne di Montebelluna e Riccardo Barcolari, 27enne di Venezia.  Queste le richieste dell'accusa nel processo per la cosiddetta truffa del "cuore artificiale", la raccolta di denaro che avrebbe dovuto essere finalizzata ad una ricerca sperimentale per un muscolo cardiaco fatto in laboratorio ma che si sarebbe in realtà dimostrato un panzana. 

A molti di quelli che hanno dato il proprio denaro credendoci non solo non sarebbero stati versati gli interessi, che venivano presentati in maniera allettante, ma al momento delle denunce, relative al periodo tra il 2018 e il 2019, non sarebbe stato restituito neppure il capitale originariamente versato. Gli imputati devono tutti rispondere di abusivismo nell'esercizio dell'attività di promotore finanziario.

I cinque avrebbero proposto ad almeno 12 persone (che si sono costituite come parti civili) di investire nell'attività di ricerca scientifica della Ellebi Fin Llc, una società con sede nel Delaware. In molti casi, prendendo in giro anche i conoscenti, avrebbero raggranellato la bellezza di 240 mila euro, più altri soldi che sarebbero stati versati sotto forma di assicurazione. Ai malcapitati che hanno creduto alla bontà dell'iniziativa promettevano interessi da capogiro, il 10% il primo anno anno, il 20% il secondo e il 30% il terzo, ma le cifre messe sul piatto hanno faticato ad arrivare e quando sono state saldate la liquidazione è avvenuta a fronte della minaccia legale. E comunque mai tutta.

Per la maggior parte il capitale originale è rimasto una chimera e tutt'oggi, a fronte delle intimazioni alla sua restituzione, arrivano mail che spiegano come vi sia solo un piccolo ritardo e che presto i soldi arriveranno. Per la Procura di Treviso non si sarebbe trattato comunque di dazioni liberali, quanto piuttosto di un investimento a cui la parti offese venivano sollecitate. Ma nessuna delle persone implicate avrebbe ottenuto la regolare iscrizione all'albo. 

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