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Cronaca

Truffe di Veneto Banca, chiesto il rinvio a giudizio per 5 persone

Si tratta di Vincenzo Consoli, ex amministrare delegato e poi direttore generale, Mosè Fagiani, all’epoca condirettore generale e responsabile area commerciale,  Renato Merlo, responsabile della “Direzione centrale Pianificazione - Controllo”, Andrea Zanatta, funzionario preposto tra l'altro alla determinazione del prezzo delle azioni e Giuseppe Cais, che della ex popolare di Montebelluna era stato il responsabile della pianificazione

Una truffa da oltre 100 mila euro e potenzialmente, oltre 200 mila risparmiatori finiti nella rete. E' quello di cui sono accusati Vincenzo Consoli, ex amministrare delegato e poi direttore generale di Veneto Banca, Mosè Fagiani, all’epoca condirettore generale e responsabile area commerciale,  Renato Merlo, responsabile della “Direzione centrale Pianificazione - Controllo”, Andrea Zanatta, funzionario preposto tra l'altro alla determinazione del prezzo delle azioni e Giuseppe Cais, che della ex popolare di Montebelluna era stato il responsabile della pianificazione.

Nei confronti di queste 5 persone i sostituti Massimo De Bortoli e Gabriella Cama ipotizzano il reato di associazione a delinquere finalizzata alla truffa, per il quale si apprestano a chiedere al gip di Treviso il rinvio a giudizio. Dall'indagine, che riguarda l'emissione di titoli nel periodo che va dal 2012 al 2014, escono invece il dirigente preposto alla redazione dei libri contabili societari Stefano Bertolo, l'ex responsabile della Direzione Centrale Compliance Massimo Lembo, Cataldo Piccarretta, che di Veneto Banca era stato il direttore dell'Area Mercato Italia e l'ex presidente Flavio Trinca. Per loro si va verso l'archiviazione

Per i pubblici ministeri trevigiani i vertici di Veneto Banca erano tutti a conoscenza del fatto che «la società si trovava in una situazione patrimoniale e finanziaria assai critica» eppure il valore delle azioni era ampiamente sovrastimato di almeno il 40% quantomeno a decorrere dal 2012. Il danno netto provocato alla clientela viene stimato a 107 milioni e 572 mila euro. I magistrati ipotizzano inoltre che i cinque avrebbero fatto sì che il personale direttivo e impiegatizio delle filiali di tutto il gruppo - che però secondo i magistrati era inconsapevole del reale valore dei titoli azionari e obbligazionari proposti ai clienti e della reale situazione finanziaria della banca - ponesse in essere nei rapporti con la clientela artifici e raggiri consistiti nel proporre l'investimento come sicuro spesso a persone non in grado, per livello di istruzione, per età avanzata o per tipologia di professione, di valutare correttamente il rischio. Inoltre in alcuni caso sarebbero state apposte sulla documentazione inerente l'acquisto di titoli firme dei clienti che però sarebbero risultate essere false.

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