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Cronaca Vittorio Veneto

Omicidio Vaj, fissata la data del processo d'Appello

Il procedimento di fronte ai giudici della corte veneziana inizierà il 13 gennaio del 2023. Sul banco degli accusati saliranno Patrizia Armellin e Angelica Cormaci, condannate in primo grado rispettivamente a 24 e 16 anni di reclusione

E' stato fissato al prossimo 13 gennaio il processo di Appello a Patrizia Armellin e Angelica Cormaci, le due donne condannate in primo grado, lo scorso 11 marzo, per l'omicidio di Paolo Vaj. Negli atti che si troveranno di fronte i giudici veneziani è anche ricompreso il ricorso, originariamente presentato di fronte alla Corte di Cassazione dalla Procura di Treviso (che in sede di primo grado aveva chiesto la condanna all'ergastolo per la 58enne Armellin) contro la concessione delle generiche - che ha premesso alla donna di evitare la condanna al carcere a vita -  ritenendo che questa non sia stata sufficientemente giustificata. Mentre a Patrizia Armellin, condannata a 24 anni per omicidio volontario aggravato, le attenuanti sono statie considerate equivalenti alle aggravanti, per la 29enne Angelica Cormaci (che ha preso, per lo stesso reato, 16 anni, due anni in più di quanto richiesto dal pubblico ministero Davide Romanelli) le generiche sono state considerate prevalenti.

Secondo i giudici di primo grado la 58enne avrebbe avuto avuto un ruolo di primissimo piano nel concepire il butale assassinio del 56enne Paolo Vaj, ucciso per sfondamento toracico la notte tra il 18 e il 19 luglio nella casa di Vittorio Veneto, in Cal dei Romani. Il movente, nato all'interno dei rapporti sentimentali piuttosto burrascosi fra la vittima e la Armellin, sarebbero stati i soldi che Vaj avrebbe investito in polizze assicurative (circa 450 mila euro) intestate alla donna. Nei giorni successivi alla tragedia il 56enne avrebbe però voluto cambiare il beneficiario.

Sono dei dialoghi che cominciano prima che la Cormaci si trasfrerisse, a fine gennaio del 2019, nella casa in cui vivevano Vaj e la Armellin le cosidette "pistole fumanti" dell'omicidio, che le due donne avrebbe voluto far passare per una legittima difesa. La 29enne  sarebbe apparsa da subito in una sorta di sudditanza psicologica nei confronti dell’amica più anziana, che chiamava «mamy» e con cui cercava di instaurare quel legame famigliare che le mancava, soprattutto con la madre naturale. La Armellin, che avrebbe tirato le fila del rapporto, le parlava di un rapporto conflittuale con Vaj, con cui però restava insieme, fingendo anche un clima sereno e affettuoso ma solo per incassare il premio dell’assicurazione. «Lui deve morire», scrive la Cormaci riferito a Vaj, che definisce un «omino». «Te lo faccio fuori io questo bastardo», dice ancora, a commento delle frasi con cui l’Armellin le lascia intendere di essere maltrattata dal 56enne. 

Tutto il periodo che precede l’omicidio sarebbe stato, per l’accusa, caratterizzato da scambi di messaggi in cui la 57enne avrebbe premeditato il delitto, dispiacendosi tra l’altro che le condizioni di salute di Paolo Vaj, che aveva problemi con il bere e per un forma di epilessia, stessero migliorando. «A noi non ci aiutano - dice all’amica più giovane - 20 anni di botte ha subito, ma loro (riferito alle istituzioni) non fanno nulla», quasi ad abbozzare una sorta di alibi legato alla legittima difesa. «Io non ho niente da perdere - scrive allora la Cormaci - lo uccido, al massimo finisco in galera ma tu avrai la vita che vuoi con chi vuoi» 
    

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