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Giovedì, 28 Marzo 2024
Economia

Agricoltura in Veneto: analisi del censimento del 2010

Agricoltura: com'è cambiato il Veneto rurale. Analisi della Regione del censimento relativo al 2010

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di TrevisoToday

L’agricoltura Veneta è cambiata: decennio dopo decennio si è evoluta confermando una tendenza alla concentrazione dei terreni e degli allevamenti e una forte diminuzione del numero delle aziende, senza che questo abbia altrettanto peso sulla diminuzione della superficie agricola utilizzata, che percentualmente si è ridotta in misura molto minore.

“Il quadro è quello di un settore che mantiene una forte caratterizzazione, ma è tutt’altro che immutabile, capace di forti spinte in avanti ma che soffre anche di effetti di trascinamento dal passato”, afferma l’assessore all’agricoltura del Veneto Franco Manzato esaminando i dati definitivi del censimento
agricolo 2010, elaborati dalla Direzione sistema statistico regionale.

I principali numeri della realtà agricola regionale, ricorda dal canto suo l’assessore alla statistica e vicepresidente della Giunta Marino Zorzato, saranno divulgati a fine mese con un numero speciale di “Statistiche Flash”, la periodica raccolta di dati statistici sul Veneto rilevati dalle nostre strutture.

Rispetto al censimento del 2000, è cambiata la definizione di “azienda agricola e zootecnica”, individuata come “unità tecnico-economica, costituita da terreni, anche in appezzamenti non contigui, ed eventualmente da impianti e attrezzature varie, in cui si attua, in via principale o secondaria, l’attività agricola e zootecnica ad opera di un conduttore – persona fisica, società, ente - che ne sopporta il rischio sia da solo, come conduttore coltivatore o conduttore con salariati e/o compartecipanti, sia in forma associata. E’ unità di rilevazione anche l’azienda zootecnica priva di terreno agrario”.

“La definizione è importante – specifica Manzato – perché è diversa da quella delle precedenti rilevazioni, che da questo punto di vista non sono quindi esattamente comparabili se non modificandole applicando i medesimi parametri. Nello stesso tempo l’ultimo decennio ha rappresentato un periodo molto complesso per l’agricoltura italiana, condizionata anche dalla crisi economica, dalla volatilità dei prezzi delle commodity agricole, dai cambiamenti nella PAC e, non ultimo, dalle nuove sfide legate alla sostenibilità ambientale”.

Il numero delle aziende agricole e zootecniche è calato del 32,4%; la Sau, per contro, è diminuita solo del 4,6 per cento, con conseguente crescita della superficie media aziendale, che si attesta sui 6,8 ettari: oltre un ettaro in meno rispetto al dato nazionale ma abbondantemente al di sotto dell’andamento nelle regioni del Nord (Lombardia oltre 18 ettari, Piemonte oltre 15, Emilia Romagna al di sopra dei 14 e Friuli Venezia Giulia quasi 10 ettari).

Complessivamente si può valutare in circa 103 mila ettari la superficie agricola persa nell’ultimo trentennio. Ad accusare il calo più consistente sono soprattutto le piccole e piccolissime aziende, il cui numero si è ridotto della metà rispetto al Censimento 2000. Il calo si fa sempre più contenuto via via che si sale di classe di superficie agricola, fino ad arrivare alle aziende da 20 a 30 ettari di SAU, le quali registrano una crescita del 7,1% ed addirittura quelle tra 50 e 100 ettari, che aumentano di un terzo. Quasi triplicano invece le aziende senza SAU. Nonostante ciò, in Veneto le aziende con meno di 5 ettari sono quasi i tre quarti del totale ed occupano meno del 20% della SAU regionale.

Alle aziende più piccole rimane in ogni caso l’importantissimo ruolo di presidio diffuso sul territorio, necessario per arginare lo spopolamento delle zone
montane e delle aree rurali più svantaggiate, per tutelare il paesaggio e frenare il dissesto idrogeologico. Alle aziende più grandi e strutturate (quelle con oltre 50 ettari sono il 12 per cento del totale ma coltivano un terzo della superficie agricola) va principalmente il ruolo di garantire l'approvvigionamento della catena alimentare per il fabbisogno dei consumi interni, per il prezioso export del made in Veneto, e non ultimo per l’impatto occupazionale che esse garantiscono.

La forma di conduzione più frequente rimane la conduzione diretta del coltivatore, con ben l’85,4% del totale, e l’azienda individuale la forma giuridica più diffusa (93,1%). Il 69,2 % delle aziende lavora su terreni di proprietà esclusiva. Interessante invece è il notevole aumento del “solo uso gratuito” (+263,6%), quasi 3 volte in più rispetto all'Italia, ed anche le situazioni miste che lo comprendono, come per esempio “affitto ed uso gratuito” (+136,7%).

Rimangono principalmente gli uomini a condurre le aziende venete, con quasi il 75% dei capi azienda, anche se si assiste ad un aumento delle donne. Il rinnovamento dei capi azienda è ancora lento in termini di età e titolo di studio: oltre la metà ha oltre 60 anni e solo il 7,2% meno di 40 anni (“e di questi – sottolinea Manzato – circa un terzo si sono insediati negli ultimi cinque anni grazie al Programma di Sviluppo Rurale del Veneto”. Oltre i due terzi dei capi azienda ha almeno la licenza media inferiore (e il 41,9% si ferma alla licenza elementare), mentre la quota dei laureati ad indirizzo agrario è l’1 per cento.

Le aziende agricole venete sono caratterizzate da un quadro complesso di altre attività secondarie all’agricoltura: lavori conto terzi, agriturismo, lavorazione e trasformazione dei prodotti agricoli. La percentuale di aziende informatizzate è superiore alla media italiana e pari al 5,4%.

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