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Economia

Decreto Sostegni: «Piccole imprese trevigiane a rischio esclusione»

L'avvertimento delle associazioni di Marca: «Stabilire un calo di fatturato almeno del 30% per avere gli aiuti significa escludere gran parte delle aziende del nostro territorio»

«Poche luci e molte ombre nel Decreto Sostegni approvato venerdì 19 marzo dal Governo Draghi». Casartigiani critica con queste parole il nuovo provvedimento, concentrandosi in particolare sul fatto che sia stato fissato al 30% di riduzione del fatturato il parametro minimo per ottenere gli aiuti.

«E’ un criterio che di fatto escluderà molte piccole imprese - afferma Franco Storer, presidente di Casartigiani Veneto - I dati sulle piccole aziende venete e trevigiane ci dicono che la riduzione del fatturato tra il 2019 e il 2020 va dal 10% ad un massimo del 30%. Quindi quasi nessuna avrà diritto al sostegno». L’associazione accoglie invece con favore la rottamazione delle cartelle esattoriale precedenti al 2010, in quanto sono crediti in gran parte inesigibili. Positivo anche il rinvio di alcune scadenza al 2022, come la dichiarazione Iva precompilata, «ma auspichiamo - continua Storer - anche il rinvio a settembre del pagamento delle tasse derivanti dalla dichiarazione dei redditi per le imprese», aggiunge Storer.  La proroga ai licenziamenti, con termini differenziati al 30 giugno e al 31 ottobre, era un'altra operazione attesa, «che avremmo preferito venisse accompagnata dall’esonero dei contributi per gli apprendisti dell’artigianato e del commercio». Resta poi pressante l’esigenza di agevolare il credito, e contribuire «ai fondi antiusura e ai Consorzi Fidi. Un sostegno di cui però non si deve occupare solo il Governo, ma anche la Regione» conclude Storer.

Sempre sul Decreto Sostegni è intervenuto anche il presidente di Confcommercio Veneto, Patrizio Bertin: «Diamo fiducia a Draghi. Il decreto contiene novità positive, prima su tutte la previsione, finalmente, degli indennizzi sulle perdite di fatturato. È chiaro che rispetto al danno patito dalle imprese ci aspettiamo di più: confidiamo sul fatto che il presidente sa bene cosa c’è ancora da fare, anche in vista dello scostamento di bilancio. Al Paese serve un cambio di passo e non si può più indugiare. Le imprese hanno bisogno di sentire lo Stato vicino, qui ed ora, per poter andare avanti».

«Positivo il superamento dei codici Ateco, che costituivano un criterio discriminatorio e che non teneva conto degli aspetti di filiera, tuttavia le risorse del Decreto Sostegno sono un palliativo, del tutto insufficiente rispetto alle perdite subite dalle aziende». A dirlo è Mattia Panazzolo, direttore di Cna Treviso, che esprime insoddisfazione e preoccupazione in merito al decreto licenziato ieri dal Consiglio di ministri. «Prima cosa: la soglia del 30% delle perdite esclude moltissime attività, che pure hanno subito perdite ingenti; seconda: alle aziende arriverà pochissimo, di fatto solamente tra l’ 1,7% e il 5% del calo di fatturato 2020 rispetto al 2019, che è meglio di niente ma non risolve certo i problemi di chi non ha potuto lavorare o ha lavorato a singhiozzo per un anno a causa delle chiusure – continua Panazzolo - Rimane poi il problema del 2021: le risorse del Decreto Sostegno, infatti, vanno a coprire le perdite del 2020, ma moltissime attività continuano a rimanere chiuse anche quest’anno con perdite ancora maggiori». Per Cna bisogna inoltre accelerare con la campagna vaccinale, che va ancora troppo a rilento, rispetto a molti altri Paesi. I dati confermano che il netto miglioramento della situazione sanitaria si riflette rapidamente sul clima economico. Secondo le proiezioni Ocse, le migliori performance di Pil nel 2021 riguardano quei paesi che hanno premuto sull’acceleratore delle campagne vaccinali, accompagnate da robuste politiche di stimolo fiscale. «Se è vero quanto dicono alcune simulazioni, ovvero che l’Italia senza un cambio di passo finirà di vaccinare la propria popolazione solo nel maggio 2022 – conclude Panazzolo – non è pensabile che si rimanga chiusi per un altro anno, con l’economia bloccata e la gente che non lavora. Bisogna cominciare a ragionare su aperture dedicate alle persone che hanno già ricevuto le vaccinazioni e possono tornare a fare una vita normale. I 2 milioni e mezzo di italiani che hanno già ricevuto la seconda dose devono poter dare il loro contributo alla ripresa dei consumi senza limitazioni».

Vendemiano Sartor, presidente di Confartigianato Imprese Marca Trevigiana commenta la presentazione del Decreto sostegni con queste parole: «Le perplessità che avevamo sulla scarsa portata dei sostegni a fondo perduto destinati alle imprese purtroppo si sono rivelate fondate. Gli aiuti che le imprese riceveranno rasentano il nulla. Gli 11 miliardi stanziati sono insufficienti. Bisognava investire più su chi dà lavoro (le imprese) che su redditi di cittadinanza e di emergenza, oltre che destinare su questo capitolo di spesa, ad esempio, i quasi 5 miliardi di fondi impegnati per il cashback. Bene che sia stata accettata la nostra richiesta di abbandonare il dedalo dei codici Ateco per individuare i destinatari dei ristori. Così come l’esigenza di avere criteri semplici e realistici per calcolarne l’importo. Apprezzabile è anche il tentativo di privilegiare i soggetti con ricavi annui minori, in particolare al di sotto dei 400.000 euro, non dimenticando però che solitamente questi numeri sono quelli di attività individuali e di società a conduzione familiare che fanno del loro lavoro l’unica fonte di guadagno». Guardando al meccanismo previsto per poter disporre del sostegno se il calo di fatturato e/o corrispettivi medi mensili del 2020 rispetto al 2019 è di almeno il 30%, allora l’impresa avrà diritto al contributo. L’importo spettante dovrà essere determinato applicando al calo di fatturato medio mensile tra 2019 e 2020, una percentuale che varia a seconda del volume complessivo di ricavi del 2019. Per i potenziali beneficiari, comunque, la cifra a sostegno non potrà essere inferiore a 1000 euro per i soggetti che svolgono l’attività in forma individuale ed a 2.000 euro per i restanti. Dalle nostre simulazioni eseguite, emerge come la percentuale massima di ristoro a cui si possa ambire è pari circa al 5% del reale calo di fatturato subito tra l’anno 2019 e l’anno 2020. «Contiamo che nell’erogazione - continua Sartor - almeno ci sia celerità e che le modalità operative con cui richiedere il sostegno siano semplici e a disposizione dall’Agenzia Entrate già dai prossimi giorni. Ci preoccupano ad esempio la non previsione di ulteriore moratoria dei mutui dal 30 giugno al 31 dicembre quando l’Unione Europea ha già dato la possibilità e la mancata estensione della garanzia di stato alle attuali condizioni quando l’Unione Europea ha già dato la possibilità. E, nel capitolo di stralcio cartelle fino a 5mila euro con tetto 30mila euro di reddito, riteniamo il tetto estremamente basso; un’occasione persa la non previsione dello stralcio (cd rottamazione) delle sanzioni e degli interessi per chi decide di rateare il debito pregresso e la non previsione di tempi di rateazione più lunghi per debiti pregressi. Male infine che ci sia fermati ai debiti fino al 2010. Pur apprezzando - aggiunge Sartor - le 28 settimane di cassa integrazione e la sospensione dei termini di versamento di cartelle esattoriali ed avvisi esecutivi fino al 30 aprile prossimo, ci saremmo aspettati meno vincoli sui licenziamenti perché alle aziende deve essere data la possibilità di riorganizzarsi. I sostegni ai lavoratori vanno assicurati attraverso altri canali. Ci aspettiamo ci siano interventi mirati sulle politiche attive del lavoro soprattutto per coniugare domanda e offerta delle professioni con sostegno diretto alle imprese per processi di formazione pratici al loro interno.”
“Tra i provvedimenti contenuti nel decreto “sostegni” – continua il presidente - vi è anche il condono degli atti affidati all’Agente della Riscossione dal 2000 al 2010, con tetto di 5.000 euro ciascuno, a favore dei soggetti con reddito imponibile del 2019 non superiore a 30.000 euro. Fatte salve le considerazioni circa la dubbia correttezza della decisione del Governo in termini di giustizia sociale, bisogna anche riconoscere che lo Stato, solo a giugno 2020, aveva un “magazzino ruoli” assegnato all’ente per la riscossione per imposte e contributi non riscossi pari a oltre 987 miliardi di euro; qualcosa come una trentina di manovre di bilancio annuali insomma. Di cui, circa 405 miliardi già definiti come “difficilmente” recuperabili. Volendo essere realisti, -conclude- si tratta, in sostanza, di una attività di “repulisti” che l’Amministrazione Finanziaria intende eseguire sui propri crediti considerati evidentemente inesigibili e per i quali è già consapevole di non riuscire mai più a riscuotere nulla. Non dimentichiamoci infine che il decreto fa riferimento alle perdite 2020 ma è bene che si immagini qualche misura per coprire anche quelle del primo trimestre dell’anno in corso».

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