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Economia

Docg e Doc non sono la medesima cosa: "marketing e denominazione devono restare distinti"

La Confraternita non arretra. Sbagliato pensare che “globalizzazione” e omologazione del prodotto siano vincenti. No alle scelte calate dall’alto. C’è bisogno di una presa di coscienza collettiva.

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di TrevisoToday

Il sistema prosecco non è un monolite, ma una realtà variegata, complessa, dove si innestano prodotti diversi, territori distinti, culture inconfondibili. Amalgamare la storia e le tradizioni in nome del marketing e per conto terzi, non è la soluzione, né il fine ultimo della viticoltura e dell’enologia locale. La Confraternita di Valdobbiadene non arretra e resta salda nelle sue ben note posizioni – sulle quali peraltro poggia la sua stessa ragion d’essere, fin dal lontano 1946, e che le impongono, per Statuto, di “sviluppare ed esaltare le migliori tradizioni della cultura e della produzione territoriale” – intervenendo nel dibattito e rispondendo, in modo fermo alle notizie di stampa di qualche giorno fa in cui si ritornava a parlare dell’utilità di “ unire le forze”, alludendo all’unione delle Denominazioni DOC e DOCG, per affrontare un mercato sempre più aggressivo. Eventualità che, secondo Enrico Bortolomiol, Gran Maestro della Confraternita di Valdobbiadene, non è plausibile né auspicabile: “Restiamo profondamente convinti che la globalizzazione serpeggiante, percepita in certi ambiti del mondo-prosecco, non sia utile, tantomeno vantaggiosa. Perlomeno per chi produce il Conegliano Valdobbiadene DOCG, per chi da secoli lavora ‘eroicamente’ sulle nostre vigne, per chi insomma ha trasformato la passione e la fatica in un vino che piace al mondo intero e che il mondo intero riconosce e identifica con un territorio ben preciso, oggi impreziosito dal blasone UNESCO. Ribadiamo con forza che un prodotto e la sua terra sono un’unica cosa, indivisibile, sovrapponibile. L’uno è espressione dell’altra; il primo non può essere disgiunto dalla seconda, pena la perdita di identità”. “Sono convinto – conclude Enrico Bortolomiol – che, giunti a questo punto e vista l’insistenza con cui ciclicamente ritorna il concetto di unione delle Denominazioni, sia importante chiamare in causa i produttori. Sono loro infatti i veri attori del territorio, i protagonisti autentici di un film di cui da tempo qualcuno sta cercando di riscrivere una trama monocorde, da girare in bianco e nero, utilizzando un linguaggio semplificato che rischia di appiattire le differenze e amalgamare i contorni. Il risultato non potrà che essere farsesco”. La Confraternita intende dunque sensibilizzare i viticoltori e i produttori locali a seguire il dibattito, partecipandovi attivamente, intervenendo, esprimendo, se è il caso, il proprio dissenso in modo chiaro ed inequivocabile. Il silenzio, in questo frangente, si trasforma in pericoloso assenso.

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