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Economia

Decreto Dignità: "Allarmismi sulle sue conseguenze esagerati e strumentali"

Aldo Marturano, segretario generale Cgil Padova, e Giacomo Vendrame, segretario generale Cgil Treviso, ritornano al mittente le strumentali dichiarazioni di Fico e Piovesana, Unindustria Padova-Treviso

TREVISO “La ripresa va consolidata con gli investimenti, con l'innovazione, con la valorizzazione del lavoro, non invocando più precarietà”. Aldo Marturano, segretario generale Cgil Padova, e Giacomo Vendrame, segretario generale Cgil Treviso, ritornano al mittente le strumentali dichiarazioni di Fico e Piovesana, Unindustria Padova-Treviso, su Decreto Dignità e voucher. “Abbiamo letto con attenzione le valutazioni di Confindustria di Padova e Treviso sul cosiddetto Decreto Dignità, che sarà discusso dal Parlamento, e troviamo gli allarmismi sulle sue conseguenze non solo esagerati, ma in larga misura strumentali. Si tratta, infatti, di un provvedimento poco più che simbolico, che incide in misura davvero minimale sui processi di precarizzazione del lavoro in corso ormai da oltre due decenni. Infatti, ricordiamo che l’Inps nazionale valuta in 8mila le persone interessate in modo potenzialmente negativo dal provvedimento, mentre Veneto Lavoro stima che nella nostra regione gli interessati al provvedimento sempre potenzialmente quest’anno sarebbero 25mila, per di più con esiti non prevedibili perché molto dipende proprio dall’atteggiamento delle aziende (che possono anche stabilizzare definitivamente il lavoratore dopo 24 mesi di tempo determinato, fermo restando che, ad oggi, le proroghe concernenti il tempo determinato sono prevalentemente non più di una per contratti da uno a sei mesi). Oltretutto, nel caso fossero rilanciati i voucher con l'approvazione di un apposito emendamento, anche i timidissimi passi in avanti verrebbero totalmente annullati.

Ciò che davvero sorprende delle parole di Finco e Piovesana è l'idea che l'unica ricetta per rilanciare la manifattura veneta sia la svalorizzazione del lavoro, in particolare quello delle nuove generazioni. Noi pensiamo il contrario: per consolidare la ripresa in atto nei nostri territori, già oggi superiore a quella nazionale, bisogna puntare sul rilancio degli investimenti pubblici e privati, su una politica industriale all'altezza dei tempi che stiamo vivendo, sull'innovazione dei processi produttivi e dei prodotti, sulla qualificazione del lavoro attraverso formazione e sviluppo delle professionalità. E su questi temi saremo non solo disponibili, ma ansiosi di confrontarci con chi rappresenta gli imprenditori.

Ciò che invece non possiamo accettare è proseguire con il pilota automatico sulla strada percorsa fin qui, costellata di contrazione dei salari, di riduzione del potere d'acquisto del ceto medio, di arretramento sul terreno dei diritti e delle tutele, di aumento della ricattabilità dei lavoratori. Lungo questo percorso abbiamo già bruciato due generazioni di giovani lavoratori, costretti a emigrare per trovare un impiego dignitoso (anche nel nostro territorio), avendo l'Italia in serbo per loro o la disoccupazione, oppure rapporti di lavoro discontinui e mal pagati, per non parlare di ciò che li attende dal punto di vista previdenziale, vista l'esiguità del loro bagaglio contributivo. Che gli imprenditori italiani non si rendano conto di questo autentico dramma è testimoniato dall'insistenza con cui si chiede la reintroduzione dei voucher, la massima forma di precarietà possibile, mancando addirittura il contratto. Il lavoro che si compra e si vende in tabaccheria. La loro limitazione ha rilanciato altri contratti che, seppur flessibili, garantiscono un minimo corredo di diritti. Reintrodurli rappresenterebbe un arretramento per noi ingiustificabile. Le stesse preoccupazioni sulla reintroduzione delle causali nei contratti a tempo determinato e un aumento minimo degli oneri in caso di rinnovo sono assolutamente esagerate. Al massimo determineranno un aumento del turn over. Basta guardare i numeri dell'occupazione per rendersi conto che il lavoro stabile è sempre più marginale, mentre gran parte dei nuovi contratti è instabile. Se questa tendenza non si invertirà, nessuna ripresa stabile e capace di redistribuire equamente la ricchezza sarà possibile. E le ragazze e i ragazzi italiani e veneti continueranno a non avere fiducia nel loro Paese e nel loro futuro”. 

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