Conferenza "Fujimori Terunobu: l’architettura giapponese reinterpreta la camera da tè tradizionale"
Nell’ambito delle attività della Fondazione Benetton Studi Ricerche continua, giovedì 30 giugno alle ore 18, con il secondo appuntamento, il ciclo di conferenze online sulla piattaforma Zoom, dedicato all’architettura e alla cultura giapponese, ideato da J.K. Mauro Pierconti, storico dell’architettura e curatore dello spazio espositivo di Ca’ Scarpa.
Il Giappone, dunque. Autori, architetti, artisti non solo giapponesi, che abbiano però trovato in questo paese ispirazione o anche un’occasione di lavoro. I riferimenti spaziano dalle ere più antiche alle ultime novità; l’oggetto di indagine principale però è l’età contemporanea, affrontata in ogni direzione senza fare caso ai limiti disciplinari, perché l’opera di architettura – come ogni attività dell’uomo – vive stretta nelle categorie di ogni tipo ed è invece notoriamente onnivora. Giovedì 30 giugno J. K. Mauro Pierconti parlerà di Fujimori Terunobu: l’architettura giapponese reinterpreta la camera da tè tradizionale, con un’appendice su Kuma Keng?, And? Tadao e Isozaki Arata.
L’opera dell’architetto Fujimori è costellata di progetti di camere da tè, un tema a lui vicino anche perché affrontato varie volte nella veste di storico: una vicinanza che ha senza dubbio avuto il suo ruolo nel momento in cui lo ha riversato nella pratica progettuale. Ma ciò che è interessante è che la sua interpretazione di questo piccolo spazio si discosta dal pensiero tradizionale e ruota attorno a un’unica domanda: quale significato può avere la camera da tè oggi, nel nostro tempo presente?
Noi pure, dunque, per comprendere la portata della sua novità, dovremo ripercorrere, seppur a grandi falcate, l’evoluzione della tradizione del bere il tè in Giappone; una tradizione che proveniva dalla Cina e che era stata introdotta dai monaci buddisti di ritorno da quel paese. Ben presto, però, la sua evoluzione si è venuta a intrecciare con la storia delle altre classi sociali, soprattutto quelle aristocratiche e guerriere, subendo varie trasformazioni, cambiamenti, regolamentazioni che hanno infine condotto alla cerimonia del tè codificata nel XVI secolo, e da allora rimasta pressoché immutata. Da allora, quindi, più di cinque secoli di storia. L’idea “sovversiva” di Fujimori si chiarisce ben presto nella successione che scandisce le varie realizzazioni: la camera da tè contemporanea è per lui il simbolo dello spazio individuale, generato a partire dal proprio benessere interiore e non dal pedissequo rispetto di una somma di regole.
Sarà quindi uno spazio raccolto, essenziale e libero, perché la camera da tè è anche lo spazio della fantasia. Quella fantasia che sarà diversamente esercitata dagli altri architetti presentati nel corso della conferenza – Kuma Keng?, And? Tadao e Isozaki Arata–, e che fa emergere un nuovo tema progettuale: la camera da tè come spazio minimo, ovvero come un piccolo spazio compiutamente composto.
Fujimori Terunobu (Nagano 1946-) si laurea in architettura nel 1971 presso l’Università del Tohoku e, dopo aver conseguito il Dottorato in Storia dell’Architettura presso l’Università di Tokyo nel 1978, intraprende una lunga carriera accademica, occupandosi prevalentemente dell’evoluzione della città giapponese dal periodo Meiji (1868-1912) in poi. Ricerche che gli valgono diversi riconoscimenti. A partire dai primi anni ’90 intraprende anche la professione dell’architetto con la realizzazione di case private, musei e complessi aziendali. Tra le sue opere ricordiamo il museo Jinchokan Moriya (1991), il museo Akino Fuku (1998), le terme Lamune (2005), la Chocolate House (2009), il complesso La Collina (2014-16), il Mosaic Tile Museum (2016) e una serie di camere da tè che hanno fin da subito attirato l’attenzione della critica e dei media. Nel 2006 è stato curatore del padiglione giapponese alla Biennale di Architettura di Venezia. Nel 2018, sempre in occasione della Biennale di Architettura, ha progettato una delle Vatican Chapels all’isola di S. Giorgio a Venezia.
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