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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Cineforum Labirinto porta a Treviso il corso dedicato ai maestri del cinema

Orson Welles, Sergio Leone, Ridley Scott e Quentin Tarantino saranno i protagonisti del nuovo ciclo di incontri promosso dall'associazione culturale trevigiana al via dal 24 settembre

TREVISO A partire da lunedì 24 settembre, Cineforum Labirinto organizza un corso di cinema dedicato alla scoperta di quattro registi che hanno influenzato il linguaggio e la storia della Settima Arte. Partendo dalla visione e dall’analisi di spezzoni saranno esaminati alcuni capolavori di quattro grandi maestri: Orson Welles, Sergio Leone, Ridley Scott e Quentin Tarantino.

Il corso, ideato e curato dal professor Marco Bellano, critico cinematografico e docente presso l’Università degli Studi di Padova, è rivolto a studenti, videomaker, insegnanti e appassionati di cinema che vogliano scoprire o approfondire la cinematografia dei registi selezionati con una particolare attenzione alle connessioni e alle influenze tra i protagonisti delle lezioni. Il corso si articola in sei incontri da due ore ciascuno che si terranno di lunedì dalle ore 20.30 alle 22.30 a partire dal 24 settembre 2018 presso l’aula seminari della Fondazione Benetton Studi Ricerche – Spazi Bomben, situata in via Cornarotta n. 7, a pochi passi da Piazza Duomo. Il costo del corso è pari ad 80 euro (ridotto a 75 euro per under 26). Il corso inizierà con un modulo dedicato ad Orson Welles, protagonista in questi giorni anche alla Mostra del Cinema di Venezia con il film ritrovato “The other side of the wind” (1970-1976). Esordire alla regia a 26 anni, con quel che è ritenuto il miglior film di tutti i tempi; passare poi il resto della vita a cercare di liberarsi dallo schiacciante peso del primo successo con film segnati da una travolgente libertà creativa, senza trovare finanziatori disposti a sostenerli: quella di Orson Welles è stata una storia così straordinaria da sembrare inventata, pur essendo del tutto vera - o quasi. Dalle scene di “Quarto potere” (1941) e “L’orgoglio degli Amberson” (1942), passando per l’analisi delle trasposizioni shakespeariane, il docente ricostruirà la vita personale e artistica di uno dei più grandi e controversi protagonisti del cinema statunitense.

Sergio Leone non passerà mai di moda; complice il recupero che sta facendo Quentin Tarantino delle sue atmosfere e del suo compositore prediletto, Ennio Morricone, il regista ha inoltre un posto speciale nell’immaginario collettivo grazie all’etichetta di fondatore dello “spaghetti western”, rivisitazione “all’italiana” di un glorioso genere americano che il regista avrebbe contribuito a definire una volta per tutte. L’impassibile volto di Clint Eastwood, con il suo silenzioso carisma distillato dai maestosi primi piani di Leone, così come le furiose impennate di violenza, tra crudo realismo, ambiguità degli eroi e cinismo sopra le righe dei “cattivi”, sono ormai leggendari. Tuttavia, Leone non è stato solo questo: lo prova il suo ultimo generoso capolavoro, “C’era una volta in America” (1984), in cui si esprimono al meglio le sue ampie riflessioni sul cinema, sull’integrazione e, forse, sull’intera condizione umana. Non fu il film del debutto (l’ottimo I duellanti, 1977) a creare in Ridley Scott una sorta di “sindrome della prima volta” alla Orson Welles; qualcosa di simile però gli venne a capitare per “colpa” del secondo e del terzo, rispettivamente Alien (1979) e Blade Runner (1982). Una simile opera di rivoluzione nei confronti dell’immaginario fantascientifico comportava responsabilità pesantissime; e purtroppo, infatti, non fu facile per Scott tornare a stupire il pubblico con qualcosa di paragonabile. I gusti delle masse, tuttavia, sono spesso giudici troppo severi e superficiali: Scott è sempre rimasto un regista dall’altissima professionalità, contraddistinto da una meticolosità fuori dal comune nel cesellare complesse architetture visive e narrative. In attesa dell’uscita del suo ultimo lavoro dedicato a Charles Manson, in programma per il 2019, le lezioni conclusive del corso saranno dedicate a Quentin Tarantino e suo personalissimo stile cinematografico: una sinfonia di invenzioni che celebra senza veli il personale gusto del regista per un cinema “brutto, sporco e cattivo” il quale, tra gli anni 60 e gli 80, metteva in scena a basso costo impossibili combattimenti orientali, sanguinari vendicatori, assurde esplosioni di violenza e silenziosi eroi implacabili. Da quelle pellicole d’annata, Tarantino ha saputo distillare una capacità evocativa travolgente, grazie a un’abilità nel racconto da pochi eguagliata, in ogni tempo. Non è un caso che gli unici Oscar vinti da Tarantino, ad oggi, siano alla sceneggiatura: lunghi, ipnotici dialoghi, preludio a scariche di ferocia talmente truculente da essere persino umoristiche, sono il primo motore delle sue storie.

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